D'istinti Sud

Innamorati della Roma ma non dei cliché

domenica, ottobre 30, 2005

Mancini, vero o falso?


(CORRIERE DELLA SERA) - Se questo è il suo modo di dire «tutta la verità», come ha titolato ieri un quotidiano, figuriamoci quando ha intenzione di dirne mezza oppure soltanto una parte. Amantino Mancini rompe il silenzio per far credere – lui che è stato ribattezzato «il tacco di Dio» – che Cristo è morto di freddo, che gli asini volano e che lui non ha mai voluto andare via dalla Roma. Di più: che Juventus e Inter non lo hanno mai cercato e che il 30 agosto è andato a Milano non per incontrare Luciano e Alessandro Moggi, ma per «chiarire alcune cose con la Roma e Veloz, mio procuratore». Le cose sono due: o Mancini si crede molto furbo; oppure crede che tutti gli altri, specie i tifosi della Roma, abbiano la sveglia al collo. Perchè, tra le «presunte verità», non parla dei 3 milioni che gli ha offerto la Juve o - appunto - della presenza dei Moggi, in quello stesso 30 agosto? Anche con loro doveva «chiarire alcune cose con la Roma»? Perché non dice che senza il blocco del Tas sarebbe finito all’Inter al posto di Figo e che erano proprio i suoi manager a dire che voleva tagliare i ponti con il club di Sensi? O, ancora, perché non spiega che pensava di aver fatto un affare a firmare il rinnovo a 1,2 con la Roma, salvo poi scoprire che i «top players» della squadra prendevano di più? Perché non dice che a Castelrotto a Bruno Conti di intercedere presso la società - pena «la fuga» - per fargli ritoccare pesantemente il contratto firmato da meno di un anno? Perché non fa cenno al fatto che, se non fosse stato per l’ormai celebre sfuriata di Spalletti con Pradé, a quest’ora sarebbe bianconero? E perché, da ultimo, non dice che la Roma mercoledì scorso, per rasserenarlo, gli ha dato ampie assicurazioni di cessione? Queste, e non altre, sarebbero state le «verità» interessanti da sentire. Se Mancini ha voglia di raccontarle, per davvero, senza intermediari e soprattutto senza prendere in giro la gente, lo aspettiamo.
Ernesto Menicucci