La triste parabola di Curci, ex baby-fenomeno
(CORRIERE DELLA SERA) - Sul suo sito personale, campeggia un’immagine in movimento: quando para, a Firenze, il rigore di Fabrizio Miccoli. Una prodezza che valse ai giallorossi di Bruno Conti (al debutto in panchina, era il 16 marzo scorso) il passaggio del turno di Coppa Italia e a lui – Gianluca Curci, classe ’85, all’epoca una sola partita in serie A – gli onori della cronaca. Quel giorno il portiere aveva la maglia chiara, il numero uno sulle spalle e la sfrontatezza dei vent’anni (tanto da dire a Bruno Conti: «Tranquillo mister, ci penso io»). Alla Roma in molti pensarono: «Finalmente abbiamo un portiere». Per una società che, negli ultimi anni, si era dibattuta tra Antonioli, Pelizzoli e Zotti, era una super notizia. Talmente bella da far perdere di vista la realtà: e cioè che Curci, talento straordinario, era comunque un ragazzino e che per fare il portiere titolare in una piazza come Roma occorrono spalle larghe e un bel po’ di gavetta. Gianluca è entrato tra i pali a Roma-Milan, debuttando anche lì con due grandi parate, e non ne è più uscito anche perché, nel frattempo, sia Pelizzoli che Zotti si erano chiamati fuori, vittime di infortuni più o meno gravi. La Roma si avvicinava sempre di più alla zona calda, ma Curci rappresentava una fiammella nel buio. Roma, del resto, è così: non ci sono mezze misure. O sei un fenomeno, o sei un brocco. E Curci, all’epoca, era già stato investito troppo presto della nomina di «nuovo Buffon». Così, ha cominciato a perdersi. O comunque a crescere, che non è mai cosa semplice. Lo hanno fatto sentire il titolare incontrastato e lui si è calato nella parte, con qualche intervista che ha creato malumori a Trigoria. La Roma, naturalmente, ha contribuito, ripetendo per tutta l’estate che «il portiere del futuro è già dentro casa». Un portiere di vent’anni, con una decina di presenze in serie A e che era pure in comproprietà col Palermo. Tanto è vero che, per riscattarlo, i dirigenti hanno dovuto fare le capriole, rilevando la metà di Bonanni dal Vicenza per 500 mila euro (unico esborso della campagna acquisti) e girandola ai rosanero. Poi è arrivato Spalletti e qualcosa ha cominciato a cambiare. Con pazienza certosina, il tecnico toscano ha cercato di mettere qualche pezza sugli errori di gestione societaria. Partire con Curci come unico titolare era un rischio e l’allenatore se ne è accorto subito. Per questo ha chiesto insistentemente un portiere esperto, e incassati i no di Peruzzi e Marchegiani si era orientato su Scarpi. Fallita anche quella trattativa, in Brasile è stato pescato Doni, ma non sapendo se avrebbe fatto in tempo coi documenti comunitari, Pradé ha chiesto aiuto agli «amici»: e dal Milan, via Alessandro Moggi che ne è il procuratore, è arrivato il greco Eleftheropoulos, scaricato nel frattempo dai rossoneri. Poi Doni ha risolto le sue pratiche ed «Ele» è finito in tribuna, ma questa è un’altra storia. Spalletti ha comunque iniziato la stagione con Curci, ma alla prima occasione ha fatto quello che aveva in testa fin dall’inizio: giocare con un portiere più esperto (Doni ha fatto molti campionati in Brasile) e riportare Curci al ruolo di giovane promessa che si fa le ossa. Prima del derby ne ha parlato con Adriano Boaniuti, preparatore dei portieri, e insieme hanno spiegato la scelta a Gianluca: una scelta per il suo bene, gli è stato detto, per evitare di bruciarlo e di esporlo a troppe pressioni. Curci non è felice, ovviamente. Ma è anche sereno. Anzi, sta lavorando duramente per cercare di riconquistare il posto da titolare. Mercoledì scorso, a Milano, il suo procuratore Claudio Sclosa ha incontrato sia Pradé che Bruno Conti. Gli è stata ribadita la stima della Roma nei confronti del giocatore, e che presto si tornerà a parlare di rinnovo contrattuale (per il momento Curci viaggia a 19 mila euro). Intorno a lui, comunque, si muovono molte squadre. Su tutte, il Milan che lo vorrebbe come vice Dida per poi lanciarlo.
Ernesto Menicucci
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