D'istinti Sud

Innamorati della Roma ma non dei cliché

lunedì, febbraio 06, 2006

Totti: prendo troppi calci


(CORRIERE DELLA SERA) - Francesco Totti, come è rinata la Roma? «In campo, con i risultati. Le vittorie sono una grande medicina. Fuori, con l’unità che abbiamo ritrovato al nostro interno. Il resto - gioco, determinazione, continuità - è venuto col tempo. Ce n’è voluto un po’, è vero. Forse dovevamo metabolizzare quanto Spalletti ha cominciato a spiegarci sin dal ritiro di Castelrotto. Ci abbiamo messo qualche mese, ma ci siamo riusciti».
Ma che Roma è questa, tra le molte che ha conosciuto?
«Forse la migliore, per gioco, compattezza e convinzione. Mi pare la più simile a quella dell’ultimo scudetto».
La prendevano in giro, quando diceva che quest’anno avrebbe lottato per il primato...
«Per riprendere la Juve è tardi. Ma a chi ironizzava sul valore di questa squadra do appuntamento a fine campionato».
I meriti di Spalletti?
«Enormi. Non solo ci ha spiegato cosa dovevamo fare per crescere, ma è stato il più bravo a farci capire quello che assolutamente non dovevamo fare».
È il miglior tecnico che ha conosciuto?
«Tra i migliori in assoluto. Per le idee, per la preparazione. Ma anche per la qualità nei rapporti umani. Col gruppo è sempre diretto, aperto, sensibile. Se penso a me, a livello psicologico solo Zeman mi aveva capito quanto lui».
Lei sembra cambiato anche nelle reazioni ai falli che subisce...
«Vero. Sono maturato. Ho capito che con certi atteggiamenti rischiavo solo di farmi del male».
Eppure c’è ancora chi la critica. Non è decisivo, è re solo all’Olimpico: l’ha detto anche Mino Raiola, il manager di Nedved e Ibrahimovic.
«Non mi interessa il parere di questo signore. Le statistiche dicono altro. Se le studiasse, dovrebbe rimangiarsi tutto. Prodezze come il gol che ho segnato all’Inter a San Siro, ad esempio, bastano da sole a dimostrare una realtà diversa».
Da attaccante, ha ripreso a segnare a raffica, senza perdere il vizio dell’assist. Dove la farà giocare Lippi?
«Davanti, credo. Deciderà lui. Ma io sono preoccupato per i Mondiali. I falli fanno parte del gioco, lo so. Ma io prendo troppe botte, ho tutt’e due le caviglie a pezzi. Dopo ogni partita è una sofferenza. Sto fermo un giorno, faccio fisioterapia, poi qualche corsa e poi torno in campo a giocare. Così non riesco mai ad allenarmi come si deve».
A Lippi parlerà di Perrotta e Panucci?
«Lippi sa tutto, non ha bisogno dei miei consigli».
Capitolo Cassano: come si può passare dall’amicizia al gelo?
«Semplicemente con la fine dell’amicizia».
Ma lo segue, nel Real?
«No, seguo solo il Barcellona».
Questa Roma pare un macchina perfetta. Recuperando qualche titolare, come Montella che finalmente è tornato ad allenarsi, non c’è il rischio di rovinarla?
«No. Più siamo meglio è. Specie in attacco, dove i ricambi sono pochi. Anche perché siamo impegnati su tre fronti, ci sono ancora un sacco di partite, ci saranno occasioni per tutti».
Siete ormai lanciati all’inseguimento della Fiorentina. Con quale distacco vorrebbe arrivare al confronto diretto, a Firenze?
«Non faccio questi conti. Spero solo di continuare a raccogliere più punti possibile. Poi si vedrà».
Facciamo altri conti, allora. Dopo il matrimonio, il primo figlio. E la Roma che finalmente rinata. A conti fatti, è questa la stagione più bella della sua vita?
«Sono successe tante cose, tutte molto belle. Ma spero che la vita della mia famiglia possa ancora migliorare. Di certo, quelli trascorsi dal matrimonio in poi sono stati i miei mesi più sereni».
Un sogno per l’avvenire?
«A casa, ho tutto. In campo, che ve lo dico a fa’?».
Stefano Petrucci