Spalletti dice tutto, o comunque molto
(CORRIERE DELLO SPORT) - La rinascita: "Cominciamo col dire che io non sono un fenomeno. Se le cose ora stanno andando benino, è merito di tutti, a cominciare dai giocatori, visto che sono loro che vanno in campo. Come è nata questa Roma? Ragionando, vedendo, riflettendo, lavorando, vivendola dall'interno, tutti i giorni. Anche il modulo è nato valutando le caratteristiche dei giocatori, pensando a come farle convivere, per poi svilupparle, correggerle, migliorarle. E poi non sempre giochiamo col 4-2-3-1 fisso: spesso diventa un 4-3-3 o un 4-5-1, a seconda dei giocatori che mando in campo. Ad esempio, un conto è quando gioca Tommasi, un conto è quando gioca Mancini. Ma sono tutti discorsi che contano poco se i tuoi giocatori non hanno l'atteggiamento giusto e non rincorrono l'avversario quando ha la palla tra i piedi. Bisogna sempre sviluppare tanta corsa e mobilità: solo questo ci garantisce vantaggi, come l'interscambio dei ruoli, l'attacco agli spazi. Per fare una squadra ci vogliono tre elementi: corsa, resistenza ed equilibrio. Poi, se c'è anche la qualità, tutto gira alla perfezione. Ma la qualità da sola non basta. E poi ci vuole soprattutto solidità: se c'è una base solida, l'allenatore non fa fatica ad essere ascoltato.
La preparazione atletica: "In un campionato così lungo, prima o poi, a tutti capita di attraversare un momento difficile. Io credo che noi, il nostro, lo abbiamo già passato. Ora mi auguro di non doverlo rivivere. Dal punto di vista atletico ora stiamo bene. Il nostro preparatore atletico, Paolo Bertelli, è uno bravo: insieme, ogni anno, abbiamo fatto dei piccoli aggiustamenti sulla preparazione precampionato: quest'anno abbiamo scelto di non partire subito fortissimo, abbiamo già sofferto, speriamo di non pagare ulteriori dazi. C'è anche da dire che i risultati positivi non fanno sentire la fatica: guardate il piccolo calo che si è visto contro la Juve. Credo che fosse più una questione di testa che di gambe: loro a inizio ripresa hanno segnato e in noi è subentrato un po' di timore.
Il gruppo: "Non mi piacciono i discorsi alla squadra, ma parlo con i giocatori anche se non è facile essere sempre persuasivi con tutti. Più che le parole, conta la presenza, la continuità dei comportamenti, esserci lì con loro. E poi ci sono degli uomini del mio staff che hanno più facilità a instaurare un rapporto di confidenza: il mio ruolo può incutere maggiore soggezione. Se si è creato il gruppo è merito loro: dei giocatori, ma anche dello staff. I miei collaboratori sono tutte brave persone. E poi non dimentichiamoci che la Roma ha dirigenti in gamba come Tempestilli, Pradè, Conti. Le cene? Se mi invitano ci vado, ma ho paura di rovinargli il dopocena.
Cassano: "È stato un caso che la sua partenza abbia contribuito a creare il gruppo: sarebbe riduttivo pensarlo. Anche se la sua presenza nello spogliatoio quando diceva di voler andare via non era una cosa positiva. La sua situazione era diventata argomento quotidiano e creava disturbo ad altri componenti del gruppo. È stato lui a dire di voler andar via da Roma: e questa sua visibilità era destabilizzante".
Totti: "Non so se a Parma potrà giocare. Aveva già problemi a una caviglia, ora li ha anche all'altra. Ha subito molti falli mercoledì sera. se un campione come lui può deprimersi a non vincere qui? Totti negli anni ha dimostrato grande affetto per questa realtà e trova soddisfazione in questo. Non posso non essere d'accordo con Pelè quando dice che è il miglior calciatore del mondo: una delle cose che mi hanno spinto a venire a Roma, è stata la possibilità di allenarlo. Sognavo di farlo, sto bene così. E questo farà parte dei racconti che farò a i miei nipotini, e sarà un bel raccontare".
Gli altri giocatori: "All'inizio c'era una situazione da mettere a posto, ma la squadra non stava malissimo, sapevo che ci saremmo tolti delle soddisfazioni. Dovremo arrivare alla fine con la giusta considerazione del nostro valore. Molti volevano andare via, non si rispecchiavano nella realtà in cui vivevano, e invece a Roma, con la piazza che c'è, si sta volentieri. Qui all'inizio c'era un po' di confusione, non poteva che essere così se si voleva buttare via uno come Perrotta. Ora, invece, mi risulta che molti giocatori vogliono venire alla Roma e non potete sapere quanti miei ex giocatori mi hanno chiamato per venire qui con me. Simone è un ottimo giocatore, lo conoscevo dai tempi del Chievo. Il suo nuovo ruolo? Ha le qualità realizzative per giocarci, l'importante è solo fargli prendere confidenza. Anche questo aspetto si può allenare, perché tutto si può allenare soprattutto con i giocatori disponibili. Credo che sia Mancini che Perrotta andranno in Nazionale. Ma un altro da Mondiale è Mexes: se continua così, sarà difficile che non si accorgano di lui. In tanti sono migliorati, ma di lui mi fa estremamente piacere perché è un bravissimo ragazzo e se lo merita. Nella continuità può ancora fare qualche passo avanti. Kuffour? Se torna gli darò il benvenuto: quando ha giocato ha fatto bene. Doni? Se fa una richiesta tanto distante dalla proposta della società e la società mi dice che non può esaudirla, può sorgermi il dubbio che non sia coinvolto nel nostro progetto. E quindi, dopo tanti incontri andati a vuoto, devo fare le mie valutazioni. Personalmente ci sono rimasto male che lui non mi abbia informato di questi problemi, anche perché nei momenti di sua difficoltà in campo, io per lui ci ho messo la faccia. Montella titolare? Quando tornerà avremo un giocatore importante in più e ci farà comodo, per Nonda invece dobbiamo aspettare ancora un mese".
I colleghi: "Ho un ottimo rapporto con Lippi. So che mi ha consigliato alla Juve: è bello sentirselo dire, lo avrà detto per amicizia, ma la Juve non mi ha mai cercato. Un altro che stimo tantissimo è Ancelotti: ha una semplicità di comportamenti straordinaria. È una persona eccezionale e un grande allenatore perché le sue squadre hanno sempre cercato i risultati attraverso il gioco. È stato tra i primi ad aver capito l'importanza del regista davanti alla difesa. Quello che lui ha fatto con Pirlo, noi lo stiamo facendo con De Rossi. I miei modelli? Guidolin che mi ha allenato a Empoli, e Ventura. È un vantaggio aver lavorato già in grandi piazze, per gente come Capello, Mancini, Ancelotti: aver giocato ad alti livelli, ti dà la possibilità di rapportarti meglio con i calciatori. Io sono partito tardi e non avevo le qualità tecniche per diventare un grande giocatore"
La piazza: "Ci sono stati un paio di momenti difficili, ma la piazza mi ha supportato e sopportato, dandomi la possibilità di andare avanti. Mai pensato alle dimissioni. C'è stato un periodo in cui abbiamo provato soluzioni diverse (la difesa a tre, Mancini sulla linea dei centrocampisti) e questo ci ha fatto perdere tempo creando confusione. La verità è che alla squadra bisogna dare pochi segnali, ma precisi e diretti"
Il futuro: "Dobbiamo tenere i giocatori e acquistarne altri: l'importante è averne di bravi. Chivu e Mexes sono una bella coppia, soprattutto in prospettiva, non li cambierei mai con altri. Il mio contratto? Il prossimo anno non è un problema. Allenare la Roma trasmette sensazioni uniche. Ma qui c'è un ambiente che vuole vincere e non si accontenta tanto facilmente. Bisogna riuscire a competere ai massimi livelli e la distanza adesso tra le tre grandi e il resto del campionato è siderale, non colmabile, neanche nel tempo, perché c'è un divario finanziario enorme e possono fare delle rose più ampie. Magari puoi insidiarne una perché ha un'annata negativa, ma oltre non si può andare. Certo, io non ci devo pensare, devo concentrarmi sulla costruzione della mia squadra partita per partita. E comunque non è determinante un allenatore per i successi di una squadra, sono i giocatori i protagonisti".
Il presidente: "Credo che tutti vedano quanto il presidente voglia bene alla Roma e ai ragazzi. Ha fatto enormi sacrifici. Io solo in parte ho conosciuto il suo entusiasmo, ma visto da fuori negli anni passati, sono rimasto impressionato da quanto ha fatto per la Roma e per questa città"
I tifosi: "Voglio fare loro i complimenti per il comportamento di mercoledì sera. E' stata una grande festa sportiva e non vedo perché non possa esserla contro il Cagliari. Mi fa piacere evidenziare che il ministro Pisanu dica che i responsabili degli striscioni nonsiano tifosi romanisti. La società ha saputo comportarsi nel modo più giusto, abbiamo fatto il possibile per evitare certi fenomeni, ma la regola della responsabilità oggettiva andrebbe studiata meglio. Qui i tifosi sono eccezionali: il viaggio da Trigoria all'Olimpico è un'incredibile emozione e quando li senti cantare l'inno di Venditti ti vengono i brividi. E ti chiedi: come fai a non dare tutto per questa gente?"
Paolo Bernacchio
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