D'istinti Sud

Innamorati della Roma ma non dei cliché

giovedì, settembre 14, 2006

Intervista a Vincent Candela


(IL ROMANISTA) «Casa non l’ho ancora trovata, sono ancora in albergo, in centro. Ma tu hai visto quant’è bella Siena? E che bel clima? Sto davvero d’incanto. E poi la famiglia si sta allargando. Dopo John John, 5 anni e mezzo, figlio della mia prima moglie, e Angelica, uno e mezzo, figlia della mia attuale compagna, sta arrivando un altro maschio. A fine ottobre».
Tutti romanisti?«E’ ovvio. John John è un ultrà. Domenica verrà qui allo stadio e tiferà Roma. Angelica pure promette bene».
E tu?«Io lo sanno tutti, ho il cuore romanista, ma sono anche un professionista. E domenica ho già promesso ai compagni di squadra che pagherò a tutti una cena a base di pesce se vinciamo noi».
Come sei capitato al Siena?«Grazie a Giampiero Pocetta, il mio procuratore, e Giorgio Perinetti, il ds. Mi portò lui a Roma. Si è ricordato di me. A me è sembrata una buona opportunità, mi riavvicinavo a Roma».
Chi vive a Roma, delle persone che hai a cuore?«Tutti. Ho la mia casa, con cani e galline. Ma ci vive anche John John con la madre».
Ma lei non è francese?«Certo, ma è rimasta qui. Roma è casa loro, ormai».
Sono buoni i rapporti tra di voi?«Da un paio di mesi sì», sorride.
Non guadagnerai quanto a Roma, qui.«Ho ridotto le mie pretese. Ma già a Udine lo scorso anno fu così. Del resto l’avevo detto: non volevo continuare a giocare per soldi. Ma per passione».
Avete cominciato bene, sbancando il campo del Chievo.«Non ce l’aspettavamo neanche noi. Li abbiamo messi sotto sul piano del gioco».
Tu giochi esterno alto.«Sì, c’è da correre. L’anno scorso fui spostato al centro, ad un certo punto del campionato. Beretta mi ha rimesso sulla fascia».
Aiuti anche in fase difensiva?«Con Beretta tutti dobbiamo partecipare alla fase difensiva. Non siamo il Milan, la pagnotta ce la dobbiamo guadagnare».
Hai visto la Roma?«In Champions no. L’abbiamo vista sabato col Livorno, eravamo in ritiro. Lotterà per lo scudetto, vedrete. Si è rinforzata bene».
Non sentirai l’emozione, stavolta?«L’anno scorso quando sono venuto all’Olimpico con la maglia dell’Udinese mi tremavano le gambe. Stavolta credo che sarà diverso».
Totti lo senti?«Sta tornando quello vero. L’ho incontrato domenica notte all’aeroporto. Ci siamo abbracciati. Ce lo siamo detti: noi non facciamoci male, piano coi contrasti... E ho parlato con Daniele De Rossi. Uno dei più forti ormai nel suo ruolo. Anzi, il più forte d’Italia».
Che ti è rimasto dentro di Roma?«Tutto. Roma. E’ mia, Roma».
E della Roma?«Qualche rimpianto, forse. Eravamo fortissimi. Ci penso spesso. Abbiamo vinto uno scudetto ma ne abbiamo buttati due».
Colpa di?«Siamo esseri umani. Abbiamo sbagliato tutti qualcosa».
Pure Capello?«Non più degli altri. A lui devo molto. Non doveva essere facile gestire 20 cacacazzi come noi. No, davvero, lui ha fatto il massimo. Siamo stati noi a non capire. Avevamo tutto in mano, forse non l’abbiamo compreso in pieno. Eravamo giovani, forti, belli, no belli no... Forse non eravamo maturi. Vinto uno scudetto ci siamo accontentati. E poi...».
Poi?«Beh, Calciopoli avrà avuto la sua influenza anche in quel periodo, no?».
Tutti i tifosi romanisti l’hanno pensato.«Anche io. Ma preferisco pensare positivo. E allora sono stato ancora più orgoglioso di essere romanista quando ho visto che tra tutti i dirigenti coinvolti non ce n’era uno romanista. Ci siamo sempre guadagnati tutto sul campo. Ma ora sono solidale con la Juve».
In che senso?«E’ assurdo che abbiano pagato solo loro. E mi dispiace che non siano in serie A. Giocare contro di loro ha sempre un certo fascino».
Ecco fatto, ti sei già adeguato... Il Siena è una società amica della Juve.«Ma in questo non ci vedo niente di male. Si valorizzano i giovani, si lavora insieme. E poi io che ne so? Sono arrivato un mese fa...».
Torniamo alla Roma: si mise facilmente in collegamento la tua scelta di vita di andare a vivere in una fattoria ai Castelli con una nuova compagna con il disimpegno nei confronti della squadra.«Non mi pento di niente di quello che ho fatto. Quando parlo con Totti o con Montella delle rispettive case si rendono conto che gli do dieci a zero. Vivere nel paradiso dove sto io rispetto a loro è tutta un’altra cosa. Lo sanno bene anche Panucci e Curci che vivono dalle mie parti. Dopo tanti anni a Palocco non conoscevo altri posti. L’ho conosciuto, me ne sono innamorato. E sono stato felice di trasferirmi, anche per rispetto della donna con cui mi stavo separando. Non potevamo certo continuare a vivere vicini».
Di quel periodo ti sei scusato.«Sì perché effettivamente non ho dato tutto. Era una questione di priorità. Ho avuto dei problemi che avevano la precedenza rispetto alle questioni calcistiche. Ecco perché me ne sono scusato. E’ per rispetto che ho voluto andar via».
Il momento più bello?
«Lo scudetto e la festa al Circo Massimo».
Senza Capello...«Non me n’è fregato niente. Eravamo pochi giocatori, ma ti assicuro che su quel palco mi sono sentito davvero un gladiatore».
Dei “gladiatori”, più in generale dei romani o dei romanisti, fuori dal Raccordo non hanno una grande idea. Colpa nostra oppure?«Invidie, gelosie, ignoranza. Ognuno pensi quel che vuole. Mi è capitato a Udine e anche qui di dover difendere Roma. Ma anche se non sono stato convincente non mi interessa».
Anche Totti sconta questa errata valutazione.«A Francesco gliel’ho fatta conoscere io Roma... Quanto ci siamo divertiti. E ho risentito tutto il suo affetto in quell’abbraccio l’altra sera. Anche se poi magari la vita ti cambia e ti porta lontano certi rapporti restano. Gliel’ho detto anche a Fiorella, la mamma. Prima o poi ci riavvicineremo. E chi non lo conosce bene, peggio per lui...».
Che farai da grande?«Non credo di rimanere nel calcio dei grandi. Ho una scuola calcio a Ciampino, preferisco la purezza dei bambini».
Perché a un certo punto si perde questa purezza?«Con le pressioni insostenibili, con i guadagni esagerati, con le ansie, con le invidie. Si perdono i valori importanti».
Avete rischiato anche in quella Roma di perderli? Oggi si ricordano con nostalgia persino certe notti brave, certe macchine sfasciate...«Non si dovrebbero fare certe cose, ma a 20-25 anni si fanno. Io non rimpiango niente. Sono quello che sono».
Candela Vincenzo, nato a Bedarieux, diventato uomo a Roma. Per chi hai tifato nella finale dei Mondiali?«L’ho vista a Roma, a casa mia. Ho preparato i fuochi d’artificio sapendo che li avrei potuti usare comunque. E sono stato contento di festeggiare il calcio italiano. Era una bella rivincita dopo il polverone di Calciopoli».
Pure per domenica hai preparato comunque i fuochi d’artificio?«Intanto ho cercato di spegnerli sul campo. C’erano vecchie ruggini, tra D’Aversa e Totti, che ho cercato di stemperare. Poi vedremo. Se vinciamo offro una cena a tutti. Ma anche se pareggiamo per noi è un gran risultato. In fondo giochiamo contro la Roma...>>