D'istinti Sud

Innamorati della Roma ma non dei cliché

martedì, novembre 08, 2005

Pasolini e la Roma


(CORE DE ROMA) - Pier Paolo Pasolini era un grande appassionato di calcio. Era tifoso del Bologna, lo sapevano tutti, ma vivendo a Roma e amando visceralmente questo sport, andava tutte le domeniche allo stadio Olimpico. E così finiva per seguire anche la Roma e la Lazio. Però, una certa simpatia per la Roma è testimoniata da alcune espressioni forti contenute nei suoi romanzi come ad esempio: “’Sto laziale stronzo!”. Oppure: “Forza, a Trerè, faje vede chi ssei!” (Tre Re giocò cinque stagioni con la Roma e dal 1951 al ’54 ne fu il capitano). O ancora: “e lasseme perde, no? Nun lo vedi che so’ Pandorfini, so’?” (Egisto Pandolfini acquistato dalla Roma nel 1952 per la cifra record di 50 milioni).
Oltre a guardare le partite, Pasolini amava anche fare le partite. A questo proposito Ninetto Davoli racconta: “Appena sentivamo il rumore di un pallone ci fermavamo e cominciavamo a giocare”. Pasolini, alla vista di un pallone, anche se si trovava vestito di tutto punto, mollava ogni cosa e si metteva a giocare. Frequentando spesso la periferia romana come Pietralata, il Pigneto, Monteverde (quartiere dove visse dal 1954 al 1963), incontrava spesso ragazzi impegnati a rincorrere una palla, e lui, con facilità, si mischiava a loro. Molte sue pagine raccontano proprio di queste spontanee “ricreazioni” collettive, rese possibili, a quei tempi, dai molti spazi vuoti e le poche macchine circolanti, quando “giocare al pallone era la cosa più bella del mondo”.
“Era una spianata lunga quasi un chilometro… intorno tutte file di palazzoni appena costruiti di sei sette piani… ci giocavano a pallone poco poco un centinaio di ragazzi”. Questa, tratta da “Una vita violenta”, è una delle tante descrizioni di una Roma de pischelli alle prese col pallone e il polverone che spesso alzavano ruzzolando sulla terra secca.
Ancor più bella quest’altra descrizione: “Poi vennero due o tre con una palla, e gli altri buttarono le cartelle sopra un montarozzetto, e corsero dietro la scuola, nella spianata ch’era la piazza centrale della borgata”. Prima di cominciare buttavano le dita per dividersi e dei mucchietti di breccole (sassolini) facevano da pali alle porte. Chi non aveva voglia di partecipare si metteva a sedere per terra e si guardava la partitella, magari sfottendo quelli più scarsi.
Oggi, 2 novembre 2005, a trent’anni dalla sua barbara uccisione rendiamogli omaggio leggendo, o rileggendo, i suoi libri e guardando, o riguardando, i suoi film. Come nessun altro ci ha raccontato le borgate romane con una realtà, un amore e una poesia sconvolgente.
Pierluigi Lupo