D'istinti Sud

Innamorati della Roma ma non dei cliché

lunedì, ottobre 31, 2005

Mexes dedica il goal a Baldini


(CORRIERE DELLA SERA) - Mexes si libera da una specie di incubo. Fino a ieri, era quasi esclusivamente quello del «caso-Mexes», delle sentenze del Tas, del mercato bloccato e della lunga querelle tra la Roma, la Fifa e l’Auxerre. Da ieri, se la squadra si confermerà nelle prossime partite, può diventare l’uomo della svolta. La sua entrata in campo, a dieci minuti dalla fine e dopo l’espulsione di Chivu, è stata quanto mai provvidenziale, con il colpo di testa grazie al quale ha firmato un 2-1 pesantissimo. Ha esultato a lungo, chiamando a sé tutti i compagni, e a fine partita ha voluto dedicare il gol proprio all’uomo più contestato a Trigoria del momento. «Il gol è per Franco Baldini, che ha sempre creduto in me». Una dedica che, specie a Villa Pacelli, non sarà piaciuta. Mexes, però, non è un ingrato e il suo ringraziamento è andato a colui che lo ha seguito fin da quando aveva 15 anni. Mexes, probabilmente confermato titolare a Messina, ha anche un altro pensiero: «L’altra dedica è per i nostri tifosi, che sono stati davvero splendidi. Sembravamo in undici anche senza Chivu». È felice per la vittoria, naturalmente, e anche per il gol: «Ma non importa chi segna e il modo nel quale viene. La cosa più importante è il risultato finale e il fatto che la squadra ha vinto».
Ernesto Menicucci

La favola di Damiano Tommasi


(CORRIERE DELLA SERA) - La Roma vive una giornata indimenticabile, al di là della (presunta) modestia dell’avversario: il ritorno al successo all’Olimpico, con l’abbraccio finale di Spalletti a tutti i giocatori; il gol di Mexes; soprattutto la favola del ritorno di Damiano Tommasi. La sua resurrezione al gioco, in cima a quindici mesi di sofferenza vera, in un momento reso delicatissimo dalla carica dell’Ascoli (e dalla sempre pesantissima assenza di Totti) pare quasi la metafora dell’attesa rinascita romanista. Che è una realtà, almeno sul piano del recupero del carattere. E di conseguenza di una classifica finalmente un po’ più vicina alle aspettative dell’estate. Se a San Siro s’era rivisto il gioco, ieri all’Olimpico (espugnato di nuovo, a quaranta giorni dal successo sul Parma) s’è rivista la grinta. Quella di Tommasi, certo, che a un passo dalla sentenza del Tas torna utile anche in chiave mercato: non potendo (forse) comprare chissà fino a quando, la Roma trova un giocatore che, come ha detto Spalletti, ha il giallorosso nel sangue. Ma anche la grinta di Panucci, di Taddei, di Perrotta, di quel Mexes finalmente decisivo e vincente, alla faccia dei detrattori, quanto di troppi maneggioni. C’è davvero tanto, nella sofferta vittoria sull’Ascoli, che si rischia persino di esaltarsi troppo.
Stefano Petrucci

domenica, ottobre 30, 2005

Mancini, vero o falso?


(CORRIERE DELLA SERA) - Se questo è il suo modo di dire «tutta la verità», come ha titolato ieri un quotidiano, figuriamoci quando ha intenzione di dirne mezza oppure soltanto una parte. Amantino Mancini rompe il silenzio per far credere – lui che è stato ribattezzato «il tacco di Dio» – che Cristo è morto di freddo, che gli asini volano e che lui non ha mai voluto andare via dalla Roma. Di più: che Juventus e Inter non lo hanno mai cercato e che il 30 agosto è andato a Milano non per incontrare Luciano e Alessandro Moggi, ma per «chiarire alcune cose con la Roma e Veloz, mio procuratore». Le cose sono due: o Mancini si crede molto furbo; oppure crede che tutti gli altri, specie i tifosi della Roma, abbiano la sveglia al collo. Perchè, tra le «presunte verità», non parla dei 3 milioni che gli ha offerto la Juve o - appunto - della presenza dei Moggi, in quello stesso 30 agosto? Anche con loro doveva «chiarire alcune cose con la Roma»? Perché non dice che senza il blocco del Tas sarebbe finito all’Inter al posto di Figo e che erano proprio i suoi manager a dire che voleva tagliare i ponti con il club di Sensi? O, ancora, perché non spiega che pensava di aver fatto un affare a firmare il rinnovo a 1,2 con la Roma, salvo poi scoprire che i «top players» della squadra prendevano di più? Perché non dice che a Castelrotto a Bruno Conti di intercedere presso la società - pena «la fuga» - per fargli ritoccare pesantemente il contratto firmato da meno di un anno? Perché non fa cenno al fatto che, se non fosse stato per l’ormai celebre sfuriata di Spalletti con Pradé, a quest’ora sarebbe bianconero? E perché, da ultimo, non dice che la Roma mercoledì scorso, per rasserenarlo, gli ha dato ampie assicurazioni di cessione? Queste, e non altre, sarebbero state le «verità» interessanti da sentire. Se Mancini ha voglia di raccontarle, per davvero, senza intermediari e soprattutto senza prendere in giro la gente, lo aspettiamo.
Ernesto Menicucci

giovedì, ottobre 27, 2005

Chi è La Talpa?


(INDISCRETO) - "Non ce la faccio più. Sento che sto per esplodere, anche se il più delle volte mi sento svuotato, senza stimoli. L'unica voglia che ho è quella di scappare il più lontano possibile da Roma e dalla Roma. Tutto va male, tutto. La squadra è scarsa: come facevano a pensare che si potesse lottare per le prime posizioni, quando con la stessa squadra l'anno scorso abbiamo appena evitato la retrocessione? I tifosi ci massacrano, prima del derby ci hanno fatto capire, in tremila, che se avessimo perso ci avrebbero ammazzato. Come si sa abbiamo pareggiato, ma ieri ci hanno detto che se perdiamo contro l'Inter accadrà lo stesso. La società non solo non ci difende, ma ci fa del male, volutamente, tramite la stampa locale. So che pare una follia, anche raccontata a chi vive di calcio come voi, ma ci sono dei dirigenti che gonfiano qualsiasi cosa, facendo affermazioni false, per influenzare in modo scientifico i giornalisti. Perché? Semplice, così la colpa è nostra e non della società. Un esempio? A Empoli Chivu ha preso una botta al tallone, niente di grave. Cosa hanno scritto? Che ha una distorsione alla caviglia. Il giorno dopo i tifosi gli dicono che si fa sempre male, che è uno molle. Un altro esempio? Il contratto di Cassano: gli stessi dirigenti ad Antonio dicono una cosa, ai giornalisti un'altra. E così agli occhi della gente quello che fa la brutta figura, il mercenario, risulta essere Cassano. Un altro esempio ancora? Quello che viene fatto con i giovani: un giorno fenomeni, il giorno dopo scarsi. E non è la stampa a cambiare idea da un giorno all'altro, ma proprio chi qui dentro lavora e dovrebbe avere un minimo di coerenza. In questo quadro come fa un giocatore a sacrificarsi davvero per la Roma? Gli stessi dirigenti hanno detto ai giornalisti-amici che sono in quattro, i veri colpevoli dell'andamento cattivo della squadra: Mancini, Chivu, De Rossi e Montella. Ovvio che poi i tifosi, soprattutto quelli volgari e violenti, se la prendano con loro: se io fossi uno di questi quattro aspetterei solo il momento giusto per andarmene. Anzi, lo aspetto lo stesso. Prima del derby le nostre macchine sono state colpite, ci hanno sputato addosso. Poi arriva in macchina Totti e tutti lo baciano, lo adorano. Ma come, per lui sempre baci e per noi sempre sputi? Ma a Roma è così, Totti verrà sempre considerato il migliore, l'unico senza colpe. Alla Roma comandano gli ultras, è pazzesco. Le radio romane dicono quello che vogliono gli stessi tifosi, poi così anche i giornali: senza il minimo senso critico, senza andare a vedere se il personaggio tanto amato dai tifosi sta facendo il furbo. Tremendo. Mancini in estate non ce la faceva più, è arrivato a un punto tale da andare da solo a Milano, alla sede di calciomercato, per cercarsi una squadra. Ha rischiato il linciaggio, al suo ritorno. Tre giorni prima del derby abbiamo giocato a Tromsoe, in Norvegia, in Coppa Uefa. Un freddo cane, molti titolari non hanno giocato e qualcuno è stato in panchina. Un freddo cane, preso inutilmente, se Spalletti non aveva comunque intenzione di far giocare certi elementi. Poi hanno deciso di non tornare subito a Roma, bensì il giorno successivo, a poco più di 48 ore dal derby. Ma come, ci siamo addormentati alle tre del mattino e alle sette ci siamo dovuti svegliare? Poi abbiamo preso un aereo dove non c'era spazio per muovere i piedi, tutti avevamo dei dolori quando siamo scesi, anzi, dico di più, nel secondo tempo del derby sono tornati i dolori. Roma sarà anche una bella città, se sei un turista o una persona normale, ma io non riesco più ad andarci. Vorrei scappare, ma come tutti quelli che vorrebbero scappare ho un contratto. Fortunato Cassano ad essere in scadenza....Veniamo descritti come mercenari, ma in realtà accettiamo di prendere i soldi quando capita e alle condizioni che la società ci propone: solo che nessuno lo scrive. Poi si chiedono perché tutti vogliamo andarcene alla Juventus, al Milan o all'Inter. Il vero problema è che queste tre società non ci cercano...''.
Dominique Antognoni

mercoledì, ottobre 26, 2005

Voeller: "Squadra sopravvalutata"


(IL MESSAGGERO) - Un pomeriggio ideale, caldo ma non troppo, più primavera che autunno. Un tedesco qualunque potrebbe sorprendersi, visto che siamo a fine ottobre, ma se questo tedesco è romano d'adozione c'è davvero poco da meravigliarsi. Rudi Voeller torna sempre volentieri nella capitale e nell'attesa di un aereo in ritardo, quello di Franz Beckenbauer, preferisce parlare della Roma anche se poi sarà chiamato a recitare la parte di Ambasciatore speciale per i mondiali di Germania 2006. Voeller, ha seguito il derby? «Non in diretta, perché noi del Bayer Leverkusen (del quale è direttore generale - ndr) giocavamo contro lo Stoccarda del Trap e abbiamo finito tardi. Comunque, dopo, ho avuto modo di vedere le immagini». Cosa succede alla Roma? «Ho l'impressione che questa squadra sia leggermente sopravvalutata». D'accordo con Montella? «Non sapevo delle sue dichiarazioni, penso soltanto che sia difficile fare grandi cose senza gente come Samuel, Zebina ed Emerson. Il brasiliano, poi , io lo conosco dai tempi di Leverkusen, quella è stata la perdita più terribile». Non basta Totti? «Francesco è straordinario, ma non è giusto addossargli tutte le responsabilità. Se lui sta male, se lui non è in forma come si fa?» Come si fa? «Negli ultimi due anni la Roma ha perso giocatori troppo importanti e nonostante questo le aspettative sono rimaste le stesse. Era così anche all'inizio della scorsa stagione, quando in panchina c'ero io». Accetterebbe di nuovo quella proposta? «No, è stato un mio errore. Fu una scelta dettata dal cuore, ma era passato troppo poco tempo dal mio addio alla nazionale tedesca. Evidentemente non ero pronto». Neanche Del Neri era pronto? «Io credo che il tutto non dipenda dagli allenatori». E da cosa? «Per me è difficile giudicare da così lontano. Non mi posso permettere di dire qual è il problema o se c'è un problema. Io penso semplicemente che la Roma abbia un buon organico e che possa puntare tranquillamente a un posto in Coppa Uefa». Con Cassano in campo potrebbe puntare più in alto? «Non lo so. Con lui, lo scorso anno, ho avuto un paio di discussioni ma nulla di grave comunque. L'augurio è quello di rivederlo ai mondiali. L'altro augurio è che possa diventare un grande giocatore». Prego? «Sì, ha tutte le possibilità per diventarlo, veramente».
Riccardo Gentile

Mancini, campione sparito


(IL MESSAGGERO) - Che fine ha fatto Alessandro Faiolhe Amantino, detto (non da tutti) Mancini? Del brasiliano, etichettato a Castelrotto da Luciano Spalletti come «uno dei più forti calciatori mai visti a Roma», si sono perse le tracce il 28 agosto scorso, a Reggio Calabria. Tre giorni dopo, a dire il vero, venne avvistato a Milano, in compagnia del suo procuratore e di un amico di un suo amico connazionale, ma questa è, anzi dovrebbe essere, un’altra storia. Un avvio scoppiettante di stagione, la prima rete in campionato della Roma contro la Reggina poi il nulla: perché?, si chiedono i tifosi, arrabbiati e stupiti. Terminato il calciomercato, e archiviata ogni tentazione (anche da parte societaria), Mancini è stato autorizzato a raggiungere il Brasile per stare accanto al papà malato: è stato fuori pochi giorni, si è allenato per conto suo ma una volta rientrato in Italia non ha più azzeccato una prestazione. Ci si è messo di mezzo, poi, anche un infortunio muscolare a complicare le cose. Contro la Lazio, domenica scorsa, un’altra prova deludente: Mancini è apparso lontanissimo parente del giocatore ammirato in pre-campionato quando, alla faccia di tutti gli scettici, sembrava aver messo da parte le tante cose brutte del campionato precedente, tornando a giocare come ai bei tempi di Capello. Sta a vedere, si dice adesso, che il brasiliano rende soltanto se ha Capello come allenatore? Fosse vero questo, la “cattiveria” aiuterebbe a capire alcune, tante cose. Lasciando da parte le malignità, però, non resta che fare delle ipotesi concrete. Tipo, non è a posto atleticamente. Oppure, non riesce a mandar giù gli schemi di Spalletti. O ancora: non è sereno, ha problemi familiari e quindi non rende come vorrebbe/potrebbe. Ma c’è pure chi è convinto che, per tutta una serie di motivi, il brasiliano non abbia più grande voglia di giocare con la maglia della Roma. Lui non parla, rifiuta ogni tipo di contatto pubblico e il mistero (e i cattivi pensieri) resta. Il tecnico non gli ha mai fatto mancare la sua fiducia e, un po’ per necessità e un po’ anche per virtù, ha intenzione di impiegarlo pure stasera contro l’Inter, «perché dargli un turno di riposo non mi sembra la soluzione migliore», ha dichiarato Spalletti, smanioso di non dover rettificare l’enfatico pronostico redatto in Alto Adige. Per il bene suo e della Roma, innanzi tutto.
Mimmo Ferretti

Oppure ci prestano Pizarro?


(TGCOM) - Inter-Roma è il match clou della nona giornata, ma le due società potrebbero presto incontrarsi per confezionare un importante affare di mercato. I nerazzurri, in particolare il tecnico Roberto Mancini, vogliono Antonio Cassano, ormai in rotta con la società giallorossa, che vedrebbe in Pizarro l'uomo giusto per il centrocampo. Il prestito del cileno a gennaio potrebbe essere la chiave per il trasferimento.

Il regista che serve è Albertini?


(GOALCITY) - Alla Roma servirebbe un rinforzo, e questo e' sotto gli occhi di tutti in primis Spalletti. Tre pedine giuste e il gioco sarebbe fatto: un centravanti, un esterno ed un regista.Visti i guai della societa' di Sensi in ambito mercato: la Fifa chiede il blocco in entrata ed in uscita fino a giugno, il nome piu' accredidato e' quello di Demetrio Albertini, che dopo un brevissimo periodo alla Lazio, e' passato al Barcellona. Il club spagnolo a giugno non gli ha rinnovato il contratto e quindi l'ex azzurro e' svincolato.
R. Perrino

«Se perdiamo, siamo rovinati». A Losanna...


(IL ROMANISTA) - «Se perdiamo, siamo rovinati», mi dice un dirigente della Roma. E non parla di Milano, dove pure stasera ci giochiamo parecchio, ma di Losanna dove già tra venerdì e lunedì il Tribunale internazionale dello Sport, il mitico Tas, potrebbe dire l’ultima parola sulla vicenda Mexes. E non sarà una parola dolce, pare. Dalla Svizzera in queste ore tira un vento gelido e raccontano che l’astio delle sorelle Sensi per Franco Baldini sia, se possibile, cresciuto, quando hanno visto le carte che proverebbe in maniera inconfutabile gli errori del nostro ex "consulente di mercato" nell’ingaggio del difensore francese. Per farla breve, uno che oggi sta in panchina, se le previsioni svizzere saranno confermate, potrebbe costarci 12 milioni di euro (la media fra la condanna di primo grado e la richiesta dell’Auxerre) e il blocco per ben due sessioni di mercato: quella di gennaio e quella di luglio e agosto. Vuol dire che il prossimo giocatore la Roma lo comprerà nel gennaio del 2007: per quattordici lunghissimi mesi, la rosa su cui contare sarà questa... Lo scenario, che definire apocalittico è esagerato ma solo un po’, starebbe dietro l’attacco a sorpresa sferrato ieri da Francesco Totti sulle colonne del Corsport a Franco Baldini. La sorpresa sta nel fatto che Totti e Baldini sono, o forse, erano amici. Baldini era al suo matrimonio a giugno, ogni tanto si sentono al telefono e ancora due settimane fa sulla Gazzetta dello Sport il capitano della Roma non nascondeva i rapporti con un ex dirigente così mal visto dalla Sensi e dal suo staff. Ieri, a sorpresa quindi, la bordata: «Paghiamo errori di dirigenti che sono andati via», questo il concetto, ripetuto due volte, con l’inciso che certi errori «di persone santificate» hanno «contribuito notevolmente a creare la difficile situazione che oggi vive la Roma». Baldini? Mai nominato esplicitamente, ma l’identikit di Totti era fin troppo facile e l’interessato, ieri in Toscana, non ci ha messo molto a capirlo e ad accusare il colpo. Un altro, dopo le polemiche per l’intervista a Capello che certamente poteva essere gestita meglio con un po’ più di esperienza. Troppo facile, quindi, come fin troppo facile appare sparare sull’ex direttore sportivo che in questo momento è il capro espiatorio ideale: è lontano, non parla, non replica e sa di avere responsabilità per il caso Mexes (anche se sostiene la sua innocenza).

E allora perché Totti scarica Baldini proprio ora? La risposta non è un mero esercizio filosofico, o una introspezione psicologica dei due protagonisti, ma serve a capire meglio le ragioni del nervosismo e della depressione della dirigenza della Roma e anche il futuro del suo capitano. Che a chi lo conosce (e gli vuole bene) appare meno graniticamente saldo e certo di quanto non dica il contratto firmato a giugno. Essere condannato a giocare con Alvarez, per fare un nome a caso e senza nulla togliere al generoso honduregno, non è una prospettiva esaltante se sei Totti. Non per una questione di arroganza ma calcisticamente parlando, i due, hanno lingue diverse. Dunque, vale la pena di fare un po’ di chiarezza. Totti non ce l’ha con Baldini, ma si è convinto che anche l’ex dirigente abbia fatto non pochi errori di mercato che ci hanno portato a questo punto. Il primo: non aver preso Angelo Peruzzi a parametro zero. Peruzzi non è solo un grande amico di Francesco, è uno dei più forti portieri in circolazione. Quanti punti vale a fine campionato? Almeno una decina. Fa la differenza. Lo scorso giugno, prima degli Europei, era ad un passo dal venire gratis, ci fu un incontro, poi la Roma sparì, Baldini sparì, e Angelo ha rinnovato con la Lazio. Se fosse arrivato, non avremmo fatto una stagione con il duo Pelizzoli-Zotti. L’altro errore sarebbe stato non aver chiuso la trattativa per Gilardino, il primo della lista del capitano, ma a rivederlo oggi anche il quinto, Caracciolo, forse era meglio dell’egiziano Mido che arrivò in extremis per sei milioni di euro, reduce da quindici giorni di dieta in un centro per dimagrire nel nord Italia.

Ma non bastano questi due vecchi rimpianti (che si spiegano anche con la crisi finanziaria vissuta dalla Roma la scorsa estate) a spiegare l’uscita a gamba tesa di Totti su Baldini. Serve il caso Mexes, quel tam tam minaccioso che arriva da Losanna e che ci dà sconfitti stavolta senza altri appelli (il ricorso al Tribunale cantonale appare folcloristico a chi conosce la materia). La doppia sentenza è prevista per la prima settimana di novembre ma in realtà potrebbe arrivare fra venerdì e lunedì: i tre membri dei due collegi arbitrali infatti si riuniranno in questi giorni. La decisione è già nell’aria e la Fifa è decisa a non farci sconti. Il ragionamento degli avvocati di Blatter è questo: da quando la Roma è stata punita sul caso Mexes, stanno tutti più attenti; prima era una giungla, adesso invece se un club vuole prendere un giocatore sotto contratto, prima ci chiede il permesso. Morale, se la Roma dovesse farla franca, il caos ricomincia, perciò questa sentenza esemplare deve essere un monito per tutti. Quindi, stop di due sessioni senza far conto dei 39 giorni già pagati la scorsa estate (che tanti danni comunque ha fatto, dalla mancata trattativa con Pizarro, ai mancati arrivi di Juninho Pernambucano e Hyypia già trattati). La sospensiva dell’8 agosto infatti ci ha consentito di tesserare Taddei, Kuffour e Nonda e fare altre operazioni molto minori (per esemprio Alvarez, Kharja, Doni e Eleftheropoulos). Quanto all’indennizzo da pagare all’Auxerre per averlo privato a forza di Mexes, la previsione più accreditata è attorno ai 12 milioni di euro, la media fra la sentenza di primo grado e la folle richiesta del club francese. Ora, pagare 12 milioni di euro per Philippe Mexes non sarebbe solo una beffa, sarebbe una follia. Ma sarebbe sempre meglio un maxi indennizzo del doppio blocco di mercato. Quello sì sarebbe una catastrofe. Due esempi: a gennaio Cassano dovrebbe essere ceduto e non rimpiazzato (fatto che aumenta non poco i rimpianti per la mancata firma del contratto). Il secondo riguarda ancora l’attacco, se Montella non si riprende e Nonda non torna Nonda, l’anno prossimo il nostro attaccante sarà un ragazzino di bellissime speranze che avrebbe solo 17 anni: Stefano Okaka. Si può essere competitivi così? Difficile, anzi impossibile. A meno che questa squadra, questa rosa di giocatori non si riprenda, non ci stupisca, e non si metta a giocare per quello che vale. E per gli ingaggi che intasca.
Riccardo Luna

martedì, ottobre 25, 2005

Spalletti-Boniek, scintille


(IL ROMANISTA) - "Boniek? Vorrei fargli io una domanda, perché fa l'opinionista e non l'allenatore?" E' piccato Luciano Spalletti in conferenza stampa, quando gli si chiede di rispondere alle domande di Zibì Boniek: "Vorrei fargli anche io delle domande sul Lecce che lui allenava anni fa. Perché fa l'opinionista e non l'allenatore?".
Poi un bilancio di questi primi tre mesi a Roma: "Sono dispiaciuto perché questa piazza merita di più. Mi aspettavo di fare meglio, sono deluso da me stesso. Le critiche della piazza sono il minimo per quello che stiamo facendo. Le critiche vanno accettate e non mi disturbano per niente perché sapevo delle aspettative di questa città che erano completamente lecite". Mancini non è più quello di inizio stagione, c'è stata un'inspiegabile involuzione: “Sta rendendo al dì sotto delle sue potenzialità. Lui deve ritrovare solo tranquillità, lo vedo spesso nervoso. Da un colloquio che abbiamo avuto oggi, sono sicuro che presto rivedremo il vero Mancini”.

25.000 euro di multa e campo diffidato


(IL MESSAGGERO) - Niente squalifica dell’Olimpico e 25.000 euro di multa (più la diffida) per la Roma. Gianluca Paparesta, nel suo referto, è stato coerente con l’atteggiamento tenuto in campo nel derby di domenica sera, quando quella monetina, sicuramente inferiore ai due euro, lo ha centrato. Per qualche secondo si è preoccupato, temendo di essere stato colpito all’occhio, ma in un attimo, aiutato dal guardalinee medico Consolo, si è reso conto di non aver riportato nulla di grave. Ed allora la stessa serenità lo ha accompagnato nella stesura del referto spedito al giudice per e-mail nella notte dall’albergo nei pressi del giardino zoologico. E la stessa serenità ha accompagnato le poche parole che a Paparesta era consentito di dire al ritorno a Bari: «Ho ripreso subito il gioco per evitare altri lanci di oggetti che potevano colpire i giocatori. Allora sì che sarebbero stati guai seri sul piano dell’ordine pubblico». Di Canio e Oddo lo hanno protetto in campo per evitare che fosse ancora bersaglio di qualche folle: «Quando c’è dialogo tra arbitri e giocatori - ha concluso il figlio d’arte Paparesta - è tutto più facile tra noi e loro».

I 25.000 euro di multa alla Roma sono così motivati dal giudice Laudi: «Per aver lanciato (soggetto sono i tifosi) una decina di bottigliette parzialmente piene d’acqua e di monete, una delle quali colpiva l’arbitro al volto, procurandogli una lieve escoriazione e una sensazione di dolore, entità della sanzione determinata dalla particolare pericolosità del lancio di oggetti, tale da costituire concreto rischio di gravi lesioni all’arbitro e alle persone a lui vicine sul terreno, sanzione accessoria della diffida inflitta per la gravità della condotta e per la recidiva specifica in lancio di oggetti». Spiegazione semplice: al prossimo lancio il campo della Roma sarà squalificato. Un veterano come Agnolin, ai suoi tempi molto severo, ha lodato Paparesta: «Ha usato il buon senso».

Troppi soldi, squadra sazia


(IL MESSAGGERO) - Il tempo passa. E purtroppo, il tempo è denaro. In cinque mesi e una settimana, la Roma resta la stessa, nonostante un nuovo tecnico, qualche titolare in più e nessuno in meno. Dal derby apparecchiato del 15 maggio a quello solo giocato di domenica sera è come se non fosse cambiato niente. Quattordicesima era, quattordicesima è. Classifica da retrocessione, dun que: a tre punti dal terz’ultimo posto alla trentaseiesima giornata del campionato scorso; a cinque all’ottava di questo. Eppure la Roma, paragonabile per il monte stipendi solo alle prime tre della graduatoria, continua ad avere ingaggi da scudetto. La forbice tra le tre grandi e il gruppo di Spalletti è ampia (la Juve è già quindici punti avanti). Andrebbe usata, ci venga perdonato l’accostamento, per tagliare certi stipendi ormai incomprensibili, fuori mercato, visto il rendimento dell’attuale rosa. Giocatori che percepiscono ingaggi da top player e che invece non si comportano da calciatori nemmeno di serie A. Alibi legati agli allenatori, cioè al gioco, ai metodi, alla preparazione, alla tattica e a tutto il resto non reggono proprio più. L’organico attuale è sopravvalutato, come dice Montella. In più si è imborghesito e non ha fame. La Roma è sazia e anche per questo sembra che ti faccia un favore quando gioca. Provate a leggere questa formazione: Doni (o Curci, fa lo stesso, considerati gli scarsi guadagni di entrambi), Bovo, Kuffour, Cufrè, Alvarez, Tommasi, Kharja, Aquilani, Totti, Taddei, Nonda. Tenendo presenti i risultati di inizio stagione sono gli unidici giocatori che, per gli ingaggio percepiti, dovrebbero rappresentare la Roma quattordicesima. Kuffour, Cufrè, Taddei e Nonda hanno stipendi di un certo peso, ma comunque nella norma. Il rendimento dei primi tre è più che accettabile, quello del quarto, anche se altalenante, diventa sufficiente per le tre reti segnate che fanno impressione se paragonate al digiuno di Montella o di Cassano, all’unica rete realizzata da Mancini, due giorni prima di provare a scappare a Torino. Capitolo a parte Totti, il cappello, sin troppo grande, usato da chi si siede in panchina per coprire i problemi: fa il regista, il trequartista e il centravanti, in attesa di trovare il tempo per fare il papà. Questa Roma ha la pancia piena. Si abbuffa di euro e in campo al massimo cammina. La società giallorossa in questa stagione pagherà trenta milioni di euro netti ai giocatori (il costo per la proprietà è però il doppio, sessanta milioni lordi e diventano quasi novanta se si considerano i premi, lo staff tecnico e altri collaboratori). Per fare il paragone più vicino, basta prendere il monte ingaggi della Lazio. Quattordici milioni netti, meno della metà di quello della squadra giallorossa in crisi. Si sa che la Roma paga ancora l’effetto scudetto, cioè di cinque stagioni fa. Nella speciale classifica dei paperoni del pallone è quarta, pur avendo un organico dimezzato rispetto a quelli di Juventus, sessantatrè milioni netti, Milan, cinquantacinque, e Inter, quarantasei. Seguendo gli attuali piazzamenti, dal terzo posto in giù non c’è una proprietà che paghi quanto la famiglia Sensi (per la precisione, solo per le società quotate in Borsa i dati sono ufficiali): Fiorentina sedici milioni, Chievo quattro, Livorno due e mezzo, Sampdoria nove e mezzo, Empoli quattro, Palermo sette e ottocentomila, Udinese sei, Siena tre, Ascoli due, Reggina, due e mezzo, Parma quattro, Messina tre e trecentocinquantamila, Lecce tre e mezzo, Cagliari quattro, Treviso tre. Tanto per fare un esempio, Cassano, due presenze e due sconfitte, da solo guadagna più di tutto il Siena. Sommando gli ingaggi di Totti e Montella, si potrebbero mantenere tre squadre, al completo, che precedono la Roma: il Chievo, l’Empoli e il Livorno. Può bastare? No. La prossima mossa, letti questi dati, dovrebbero farla direttamente i vip giallorossi: passare in sede per autoridursi i rispettivi stipendi. Magari con un patto. Tornerebbero d’attualità solo in caso di quarto posto. Ci guadagnerebbero tutti. Anche loro, al momento di andare in giro per Roma o seplicemente quando si specchiano la mattina per farsi la barba.
Ugo Trani

Totti: è colpa di Baldini


(TGCOM) - Francesco Totti, dopo la delusione del derby, è tornato a parlare sulle colonne del Corriere dello Sport, con un articolo scritto di suo pugno, nel quale non manca di tirare una frecciatina all'ex ds Franco Baldini. "Mi spiace che ci troviamo in questa situazione di classifica - scrive Totti -. Stiamo pagando errori dirigenziali del passato, gente che con il suo operato ha penalizzato noi, la proprietà, l'allenatore".
Il capitano giallorosso non fa il nome di Franco Baldini, ma pare chiaro, leggendo tra le righe, che si riferisca all'ex direttore sportivo della Roma. "Spesso qui da noi si è portati a santificare certe persone - ha aggiunto Totti, - ma poi all'atto pratico i risultati dimostrano che non si è operato bene nelle strategie societarie. Per questo adesso dico che è prematuro dare giudizi sui giocatori, tecnico e dirigenti attuali, si rischia di ricadere nell'errore di celebrare personaggi che con i loro errori hanno contribuito a creare la difficile situazione he oggi vive la Roma".

Le 9 domande di Boniek


(IL ROMANISTA) - Sarò pure fatto male, ma pensare di essere contenti dopo una partita come il derby di domenica credo sia pura esagerazione. Io invece penso che ci siano tanti perché a cui dare risposte.
1) Perché l’allenatore dice che la strada imboccata è quella giusta se in classifica la Roma sta dietro Empoli, Ascoli e Siena?
2) Perché la Roma ha creato solo due occasioni da gol? Sorry, dimenticavo il solito colpo di testa di Panucci...
3) Perché la Lazio ha dato l’impressione di avere una squadra e la Roma di avere solo Totti?
4) Perché a Daniele De Rossi adesso piace solo correre dietro ad un avversario e non a divertirsi con la palla tra i piedi come gli capitava una volta?
5) Perché Taddei - che lo voleva mezza serie A - gioca così male?
6) Perché Mancini non sa correre più come prima?
7) Perché una squadra deve affrontare un intero campionato senza una punta vera?
8) Perché Totti deve fare tutto? Non sarebbe meglio fare meno, ma meglio?
9) Perché i tifosi della Roma si ostinano a sognare in grande?
Infatti: perché? Chi mi risponde? Mi sono convinto che soffriremo per tutto il campionato. Per fortuna il calendario ci ha dato una grossa mano e così almeno ci siamo lasciati dietro tutti gli incontri con le squadre più forti. In fondo adesso si tratta di affrontare solo Inter, Juventus, Fiorentina, Palermo, Sampdoria e Milan... Povero calcio romano: li ho sentiti tutti contenti dopo il derby di domenica sera. Beati loro!
Zibì Boniek

lunedì, ottobre 24, 2005

Solo 'palla a Totti'? Prime critiche a Spalletti


(IL ROMANISTA) - Nè inferno, né paradiso. Si resta in purgatorio, in questa normalità senza lampi e senza gioie, ma con un angelo custode grande così. Francesco Totti è stato una volta di più immenso per l’intensità con cui ha affrontato la gara. L’unico. A un certo punto faceva tutto lui: marcava, lanciava, crossava, tirava. E ha segnato un gran gol, che ci ha fatto urlare di gioia, che ci ha illuso, e che ci ha emozionato: saremo retorici, ma la dedica a Ilary in tribuna con il pancione ormai al traguardo, quegli sguardi di intesa tra lui e lei, a me hanno fatto venire i brividi. Ma avere Totti non basta, Totti non ci porterà di nuovo in alto se non cambia qualcosa davvero e noi oramai lo abbiamo capito. Per questo sentire Spalletti che grida in continuazione ai compagni di dare la palla a Totti è preoccupante. «Palla a Totti» che schema è? Per giocare così tutti potremmo fare gli allenatori della Roma. Da un tecnico preparato come Spalletti ci aspettiamo molto, ma molto di più. Ci aspettiamo un vero gioco e invece anche ieri il gioco non c’è stato. Contro una squadra più scarsa, abbiamo perso due punti. Altri due punti. La Roma non vince una partita che conta da più di un anno. E nella gestione Spalletti abbiamo all’attivo solo Reggina e Parma. In classifica ben tredici squadre ci stanno davanti, e appena sei dietro. Se questa è la strada giusta, come dice Spalletti, non ci stiamo: a Milano ci aspettiamo tre punti. Anzi: non ce li aspettiamo più. E questo è peggio.
Riccardo Luna

Si parla di squalifica del campo


(SPORTAL) - Impossibile non evocare un precedente ancor più grave del brutto episodio in cui, al 74' del derby romano di domenica sera, l'arbitro Gianluca Paparesta è stato colpito al viso da una moneta gettata dagli spalti. Il fischietto di Bari ha continuato a dirigere il match, resta da vedere che cosa scriverà a referto, ipotizzabile la squalifica del campo per il club giallorosso. La Roma è recidiva infatti, il 15 settembre del 2004 nell'intervallo di Roma-Dinamo Kiev di Champions League lo svedese Anders Frisk venne colpito alla testa da una moneta che lo ferì mentre rientrava negli spogliatoi.
La partita venne sospesa alla fine del primo tempo sul punteggio di 1-0 per la Dinamo grazie ad una rete di Gavrancic. Poi i capitolini subirono lo 0-3 a tavolino e la squalifica del campo per due giornate. La Roma ha anche subito la squalifica di una giornata del campo a causa della sospensione del derby Roma-Lazio (sullo 0-0) del 21 marzo 2004 a causa di una falsa notizia allarmistica. Possibili a questo punto anche la squalifica del campo per due giornate o una pesante multa.

Pallone d'oro 2005, escluso Totti


(FRANCE FOOTBALL) - Iniziata la corsa al Pallone d'oro 2005. Diramata da France Football la lista dei 50 candidati all'ambito riconoscimento. Spicca l'assenza di Francesco Totti, in compenso ci sono Carragher, Coupet e il coreano Park Ji-Sung. Italiani in lista: Buffon, Camoranesi, Cannavaro, Maldini e Pirlo.

Incubo calcioscommesse su Roma-Lazio dell'altranno


(TGCOM) - Potrebbe allargarsi l'inchiesta sulle presunte combine partita da Genova. "Ricordo di aver detto a Flachi che su Roma-Lazio (del maggio 2005, ndr) alcuni giocatori si erano messi d'accordo", avrebbe detto Bazzani ai carabinieri. Secondo indiscrezioni, giocatori e scommettitori parlano anche di Livorno-Juve, Samp-Inter e altre squadre di A e B. Intanto, nell'ambito dell'inchiesta della Figc, il sampdoriano Flachi è stato deferito. Potrebbe dunque coinvolgere anche altre squadre l'inchiesta che ha portato alla retrocessione in serie C1 del Genoa. Nell' interrogatorio reso nel luglio scorso ai carabinieri di Genova che, su delega dei pm genovesi Alberto Lari e Giovanni Arena, hanno condotto l'inchiesta sul calcio scommesse, nuovi particolari sarebbero emersi dall'interrogatorio di Bazzani: "Ricordo di aver detto a Flachi che su Roma-Lazio sette o otto giocatori si erano messi d'accordo, che Di Canio non sapeva nulla, che se prima vi era un pochino di frattura ora vi e' una voragine. Ricordo di aver detto che Di Canio, se avesse voluto, avrebbe potuto fare i nomi dei giocatori ai capi tifosi e che li avrebbero ammazzati tutti". Le parole di Bazzani seguono di qualche giorno quelle di Flachi, rese ai carabinieri in qualità di persona informata dei fatti. Il sampdoriano, secondo quanto riporta il "Secolo XIX", sarebbe stato deferito.Afferma Flachi, sempre secondo quanto riportato dal Secolo XIX, nel verbale di luglio: "Ricordo la telefonata nel corso della quale Bazzani mi dice che su Roma-Lazio vi era un accordo per il pari e che Di Canio durante la partita si era reso conto che almeno sette-otto giocatori non stavano giocando e che pertanto si era infuriato. Bazzani mi ha anche detto che era preoccupato di eventuali rivelazioni di Di Canio ai capi tifosi (...). Bazzani non mi ha precisato se l' accordo era maturato durante la partita o se invece era precedente alla stessa". Dunque, nelle carte che costituiscono la ponderosa inchiesta sul calcio scommesse si parla anche di una presunta combine per la partita Roma-Lazio, derby della scorsa stagione, concluso 0-0 il 15 maggio. Ma, secondo alcune indiscrezioni, non sarebbero le uniche squadre citate nelle intercettazioni: giocatori e scommettitori parlano anche di Livorno-Juventus e Sampdoria-Inter e di altre squadre di A e B indicando in qualche caso non solo il risultato esatto molte ore prima delle partite indicate ma anche i marcatori che, inevitabilmente, segnarono durante i match.

Due piccole squadre?


(IL MESSAGGERO) - Lo ricorderemo, questo derby romano, più per il finto parto di Totti dopo il gol della Roma, più per le botte e gli insulti, più per la monetina (forse) che ha colpito Paparesta anziché (forse, ancora) Di Canio, che per il gioco, lo spettacolo, la statura di Roma e Lazio. Che sembrano, nell'occasione, due piccole squadre, che hanno paura dell'avversario, in tutti i sensi e dunque anche nel senso di colpi proibiti. L'uno a uno piace più alla Lazio, che deve rimontare, che gioca in trasferta, che mantiene i cinque punti di vantaggio. Qualche appunto su un derby che, comunque, è vero e sincero. 1) La Lazio non ritrova lo spirito e la grinta di un anno fa. Questa volta è la Roma a mettere in chiaro le cose, in particolare con De Rossi: se volano calci, volano anche da parte giallorossa. Lontani i tempi dei Filippini. 2) Roma e Lazio vanno caute. Tengono i terzini dietro, aspettano che piova qualcosa dal cielo. La Lazio non ripresenta il gioco che pure aveva espresso nelle ultime partite. La Roma è solo un po' più convinta rispetto alle gare recenti. Nel nulla, può capitare solo il numero del singolo. Quello di Totti, allora. Aiutato, nella circostanza, da Ballotta, che si butta prima del tiro. Poi l'incontro per fortuna si anima. 3) Il secondo tempo è della Lazio, che, dunque, quando vuole, può. Il gol è bello e pulito. Rocchi è bravissimo, però la difesa della Roma è mal piazzata. 4) A quel punto ci riprova la Roma, la Lazio aspetta la fine. Un'occasione per parte e si chiude. 5) Personaggi da derby. Totti, ovviamente, che dedica il gol alla signora in tribuna. Di Canio, che le prende, fa la faccia cattiva, commette l'errore di scontrarsi ogni volta con Kuffour, il che, a occhio, non è consigliabile. Liverani, che gioca una partita senza acuti e senza errori, una partita, diciamo, giudiziosa. De Rossi, che esagera su Di Canio in avvio, ma almeno è vivo e interpreta questa partita così come gli chiedono i tifosi. Rocchi per il gol e un altro allungo. Oddo per l'agonismo. Panucci per la concentrazione. Per il resto siamo nella mediocrità. 6) Paparesta ha i suoi problemi ed è normale. Non sempre azzecca il giallo, ma nell'insieme tiene in mano la partita ed evita guai maggiori. 7) I due allenatori non mostrano lampi di genialità. Rossi lascia la stessa Lazio dall'inizio alla fine (nel senso di modulo), Spalletti mette Nonda e Dacourt e il primo per poco non segna il gol che avrfebbe fatto impazzire i romanisti sugli spalti. 8) La conclusione: non possiamo chiedere al derby di risolvere tutti i problemi. Roma e Lazio, adesso, sono queste. La Roma può avere dei guizzi, la Lazio ha la serenità. Si sapeva prima, si sa anche dopo.
Roberto Renga

Spalletti & Totti, commenti post-derby


(CORRIERE DELLA SERA) - Un gol che vale più di mille dediche. Totti segna sotto la Sud e anziché correre dall’altra parte dello stadio – come aveva annunciato ai tifosi a Trigoria – festeggia nel modo che in questo momento gli è più caro. Nasconde il pallone sotto la maglia, simula la pancia di Ilary, se l’accarezza. Poi si gira, cerca la sua «bella» che è seduta in tribuna, qualche fila più su, con cappello di lana azzurro, stivaletti neri coi pon pon e pancione in bella evidenza, le manda baci, mostra il rosario che ogni giocatore aveva con sé. Poteva essere il gol del derby, e sarebbe stato il modo più dolce per la nascita di suo figlio. Prima della partita, il capitano aveva scherzato: «Da quello che so io, ha partorito...». E poco dopo la moglie compariva nei palchetti della tribuna Monte Mario. All’ospedale Villa San Pietro, già da qualche giorno, è tutto pronto, ma il nome è ancora top secret: «Decideremo – ha detto la Blasi in un’intervista – quando lo guarderemo in faccia. A me piaceva Giordano, ma Francesco me l’ha bocciato...». Il derby, insomma, c’entra sempre. Nel dopo partita, Di Canio le ha fatto gli auguri in diretta: «Lo ringrazio. Non mi aspettavo quella dedica di Francesco, non mi aveva detto niente». Totti, in pratica, ha «partorito» un pallone: «Si vede che mi ha anticipato, ha fatto prima di me. La situazione è tranquilla, sarà un parto naturale e quindi decide il bambino quando sarà». Lui ha assaporato a lungo l’impresa: «Risultato bugiardo, abbiamo fatto più della Lazio e dovevamo vincere. L’esultanza gliel’avevo promessa e ci sono riuscito, peccato perché ci ho creduto fino alla fine. La dedica è scontata: il gol è per nostro figlio. Adesso tocca a lei». Per Spalletti, era il primo derby assoluto e l’ha vissuto quasi tutto in piedi vicino alla panchina, impartendo ordini e direttive ai suoi. Ha rischiato il brasiliano Doni dall’inizio, senza temere così di bruciare due portieri in un colpo solo, ha provato nel secondo tempo la carta Nonda per un Montella ancora piuttosto abulico e per un attimo ha pensato che il cambio si potesse trasformare nella mossa vincente. Proprio sul sinistro del congolese, infatti, è capitata l’occasione, quella che poteva far saltare la Sud. Il tiro, però, è finito alto sulla traversa e Spalletti, se avesse potuto, si sarebbe strappato tutti i capelli. A fine gara, mentre tutta la squadra andava sotto la curva per salutare i propri tifosi, è rimasto a metà campo, rientrando poi negli spogliatoi. Alla fine, comunque, è abbastanza soddisfatto. «Risultato giusto? Abbiamo fatto una buona partita, poi stare a misurare i centimetri conta poco. Ho visto una squadra motivata, che ci ha creduto. Avessimo avuto prima questo atteggiamento... Abbiamo solo concesso qualcosa dopo il gol, sbagliando palle facili e permettendo a loro di tenere il pallino». I tifosi avevano detto o l’inferno o il paradiso. «La loro intenzione è far sentire l’apporto, sappiamo di avere il loro sostegno. Non ho nulla da rimproverare ai miei. Qualcuno, come ad esempio Mancini, ha fatto quasi 100 minuti giovedì e su quel campo non si smaltiscono facilmente». Elogia l’arbitro: «Paparesta è stato uno dei migliori in campo, ha tenuto la partita in pugno. Peccato che noi, ogni tanto, con certi atteggiamenti gli arbitri non li aiutiamo. E in una città così passionale vengono coinvolti anche gli spettatori. Doni? Si è comportato bene, senza colpe sul gol. Ma anche Curci sta facendo bene». Panucci: «Siamo tornati ad essere una squadra. Pagata un po’ la pressione di questo momento, siamo uomini e non possiamo essere tranquilli».
Ernesto Menicucci

domenica, ottobre 23, 2005

Curci bocciato, la porta a Doni


(CORRIERE DELLA SERA) - Che sarebbe toccato a lui, lo aveva capito da un particolare: qualche giorno fa, in allenamento, il suo preparatore Bonaiuti gli ha spiegato come Di Canio batte i rigori. Da quel momento Alexander Donieber Marangao, in arte Doni, ha avuto la sensazione giusta: nel derby, Spalletti avrebbe puntato su di lui. Ed era stato lo stesso tecnico, sabato in conferenza stampa, a farlo capire: «Perché, sarebbe un’offesa farlo giocare? Devo anche tenere presente i comportamenti in allenamento». Così, Doni ha preso il posto del titolare Curci ed ha vissuto il suo primo derby romano da protagonista. Un derby del quale, fino all’arrivo nella capitale, a mala pena conosceva l’esistenza. Due giorni fa, ha anche compiuto 26 anni, e la decisione di Spalletti è stato il miglior regalo che il tecnico potesse fargli. Arrivato da perfetto sconosciuto, ci ha messo poco a convincere lo staff romanista, grazie soprattutto alla serietà nel lavoro durante la settimana. Nella prima parte di stagione, ha soprattutto studiato: la lingua, i nuovi compagni, la realtà nella quale era stato calato. Ma Doni non è uno sprovveduto: in Brasile ha giocato circa 200 partite da titolare, ha una discreta esperienza ed è abituato a stadi imponenti. Al Corinthians, è stato prima il sostituto di Dida, poi ne ha preso il posto quando l’amico è passato al Milan. È uno dei primi che ha sentito, appena arrivato in Italia, cercando di fare tesoro dei suoi consigli. Da qualche giorno ha trovato casa, in zona Eur, e lo hanno raggiunto anche la moglie e i due figli. Per Curci è stato un duro colpo. Proprio perché non veniva da particolari errori (lo stesso Spalletti ha detto che sul gol di Tavano ad Empoli, due domencihe fa, non aveva colpe), la decisione del tecnico sa di bocciatura quasi definitiva. Per riconquistare il posto, dovrà sudare parecchio.
Ernesto Menicucci

venerdì, ottobre 21, 2005

Una squadra operaia (ma non era un presidente?)


(IL ROMANISTA) - Sulla crisi della Roma interviene Christian Panucci: "Non solo ieri ma anche in futuro dovremo essere una squadra operaia, anche se siamo la Roma. Perché ci sono altre squadre che sono molto più difensive di noi. In tv ho visto il Chelsea, giocano tutti dietro, non è mica una vergogna. Se pensiamo di giocare 5 avanti e 5 indietro sarà un campionato in cui non riusciremo a trovare continuità. Solo stando tutti dietro e con le qualità che abbiamo possiamo sfruttare le nostre caratteristiche. Altrimenti facciamo la fine dello scorso anno". Si avvicina il derby, un appuntamento che può cambiare il corso della stagione: “Il derby può cambiare il nostro campionato. La partita con la Lazio potrebbe cambiare il campionato della Roma. E' vero che siamo indietro ma siamo soltanto all'inizio. Sarà un derby da giocare con grande coraggio, senza paura e con personalità. Abbiamo le caratteristiche giuste per poterlo vincere consapevoli che la Lazio ha buona salute”.

Di Canio, il punzecchiaturofilo


(TGCOM) - Le dichiarazioni di Vincenzo Montella ("Di Canio è un provocatore, è stato un buon calciatore") non scalfiscono più di tanto Paolo Di Canio, che spegne le polemiche sul nascere. "Montella mi ha fatto anche dei complimenti - ha detto il laziale - E poi io mi sono sempre battuto per le punzecchiature prima del derby". Sulla sfida: "Io sto pensando solo ai laziali, ai miei compagni per cercare una grande partita".

Montella vs. Di Canio, Serra vs. Montella


(CORRIERE DELLA SERA) - È la prima polemica di un derby che, questa volta, si annuncia «vero»: da una parte Montella, dall’altra il prefetto Achille Serra, in mezzo Paolo Di Canio, tirato in ballo proprio dall’attaccante romanista. Cosa è successo? Che l’«Aeroplanino», rimasto a Roma per curarsi proprio in vista della gara di domenica sera, rilasci un’intervista a Studio Sport, con un passaggio al vetriolo. Gli chiedono un confronto tra Totti e Di Canio, e lui, con la stessa aria serafica di sempre, risponde: «Francesco lo conosco bene, è un bravo ragazzo e sono contento di giocarci insieme. Di Canio invece lo conosco meno. È stato un bravo giocatore, adesso è un bravo provocatore». Apriti cielo. E se non risponde il numero nove della Lazio – lo farà probabilmente oggi, nella conferenza stampa indetta a Formello, unica eccezione al silenzio che si sono autoimposti i giocatori biancocelesti – in serata ci ha pensato il prefetto Achille Serra a bacchettare Montella: «È sconcertante che alla vigilia di un derby che necessita di attenzioni particolari, giocatori di fama e idoli delle tifoserie, disattendendo ogni tipo di appello alla serenità, contribuiscano a non rasserenare gli animi». In serata, poi, Montella ha controreplicato, smorzando i toni: «Non volevo aizzare nessun animo. Anzi, la mia frase tendeva a sdrammatizzare e si riferiva soltanto a quanto fatto da Di Canio lo scorso anno. Speravo di far capire che anche eventuali provocazioni fanno parte del clima derby, ma devono rimanere fine a se stesse».
Ernesto Menicucci

Cassano è un bugiardo, anzi no

(IL MESSAGGERO) - La società mi ha preso in giro, ha dichiarato Cassano martedì. Cassano è un bugiardo, ha risposto Rosella Sensi il giorno dopo. La Roma si aspettava una smentita dal barese. Cassano il suo procuratore, Bozzo, hanno chiesto (ieri al diesse Pradé, l’unico con il quale hanno contatti in questo momento) quantomeno una precisazione da parte della società. Niente da una parte e niente dall’altra. Quindi, dopo Rosella Sensi, che intanto a messo in mezzo i legali e sta valutando l’ipotesi di querelare Cassano, è intervenuto Bozzo. «Dire bugiardo ad Antonio è come dirlo a me: mi ritengo offeso come professionista e come uomo. Sarebbe meglio per tutti abbassare i toni», le prime parole di Bozzo. Il problema: Rosella Sensi mercoledì ha negato di aver mai offerto a febbraio a Cassano un cifra parecchio superiore a quanto proposto ultimamente. «La verità va raccontata tutta. E Rosella Sensi si contraddice: fu lei stessa il 12 agosto scorso a dire pubblicamente che l’offerta di febbraio era più alta. In virtù di quelle aspettative create dalla società, l’8 settembre Antonio ha fatto un notevole passo indietro. Ci aspettavamo così un sensibile passo avanti della società rispetto alla loro nuova offerta al ribasso: anche perchè, se così non fosse, Antonio rinnoverebbe il suo contratto alle stesse cifre dell'accordo sottoscritto cinque anni fa. Queste, sono i fatti raccontati da Cassano due giorni fa ai tifosi: lui non è un bugiardo, né prende in giro la gente». La Roma pare sia intenzionata a cedere il giocatore a gennaio, e sembra a cifre molto elevate. «Ne prendo atto ma deve essere chiaro a tutti che né Cassano né io abbiamo mai chiesto il trasferimento ad altro club». La Roma ha intenzione di multare il giocatore per le frasi rilasciate ai tifosi (e non smentite), e il giocatore insieme con il suo procuratore non hanno alcuna intenzione di pagare alcunché, né temono sconfitte davanti a Tribunali. Bozzo, da ora in poi, vuole ricevere dalla società solo comunicazioni scritte: proposte di rinnovo o di cessione a gennaio. Dall’entourage di Cassano arriva solo la conferma di quella famosa proposta di febbraio che si aggirava intorno ai 25 milioni. Viene da chiedersi: perché Cassano non l’ha firmata? Perché non è mai stata scritta, la risposta che trapela dall’entourage del barese. Dove sarà la verità?

A.A.

Anche i Cufré piangono


(IL ROMANISTA) - E' stata una delle più belle immagini che la tv ci ha proposto al fischio finale di Tromosoe-Roma, le lacrime di Leandro Cufrè, autore del gol decisivo: "È il mio primo sigillo in Italia. Sono molto contento. Lo dedico innanzitutto a mio padre che recentemente è stato operato, ora per fortuna sta bene. Poi a Totti, che sta per diventare papà e al dottor Brozzi per tutto quello che ha fatto per me, permettendomi di rientrare presto in squadra. Tra l’altro era concordato che giocassi solamente trenta minuti. Ora, però, c’è il derby e io penso solamente a questo appuntamento".

3 punti, 0 punte...

3 punti, 0 punte. Kuf Cuf, il trenino della Roma riparte dal Polo nord giocando una partita appena dignitosa su un campo di fango. Il Tromsoe non avrebbe rubato nulla col pareggio, e ha giocato la sua onestissima partita fatta di calcio scolastico. Pedalare, passare, crossare, tirare: sta a vedere che in fondo di questo si tratta? L'Armata Triangoleone invece arrivava al limite dell'area e poi puf! niente, a meno di inserimenti da dietro dei difensori (2 goal) o dei centrocampisti (1 traversa a porta vuota, 1 salvataggio sulla linea). E le punte dove stavano? Non c'erano. Spesso (ci) si sente dire "Se c'ero io in campo era lo stesso": il più delle volte non è così, ovvio, anche se uno avesse la classe cristallina di un Cristiano Conte. Ma stavolta cazzo se fossi stato io in campo al posto di Nonda avrei fatto lo stesso: sarei stato puntualmente anticipato, avrei perso tutti i palloni, non avrei mai tirato in porta, mi sarei preso i vaffanculo di Spalletti (perché non l'ha sostituito?). Però mi sarei almeno sporcato di fango, Shabani è uscito dal campo come è entrato. Pareva chiaro persino ai commentatori RAI che a centravanti invertiti avremmo vinto 4 a 0. Il norvegese lottava, tirava, correva, menava, e ha pure segnato. Speriamo che Montella resusciti presto, tutto il resto è Okaka. Piccola nota di cronaca: non so chi l'ha notato, ma alla fine della partita Cufrè piangeva. Anche chi paga lo stipendio a Nonda, probabilmente.
David

Ma come te chiami, aho!


(GOAL CITY) - La testa del capitano della Roma Francesco Totti e' piena di dubbi. Il numero dieci della Roma sta per diventare papa', ma come detto ai ai microfoni di Tutte le Mattine, la trasmissione di Maurizio Costanzo, non ha ancora deciso il nome da dare al bambino che sta per arrivare: "Come lo chiamero'? Io e Ilary non abbiamo ancora deciso: prima vogliamo vederlo in faccia poi gli troveremo il nome".

Milionariopoli


(ANSA) - L'oligarca russo Suleiman Kerimov costruira' alle porte di Mosca una citta' di trentamila abitanti riservata ai milionari in dollari. Il centro ricordera' la Mosca pre-rivoluzionaria di inizio 20/o secolo, mentre la periferia sara' edificata nello stile di citta' europee come Praga, Monaco di Baviera e Amsterdam. Kerimov -famoso in Italia perche' ad un certo punto sembrava interessato all'acquisto della Roma calcio- conta di realizzarla nel giro di 10 anni e cerca dei partner occidentali.