D'istinti Sud

Innamorati della Roma ma non dei cliché

lunedì, novembre 28, 2005

Briatore compra la Roma?


(CORRIERE DELLA SERA) - Sport che s’incontrano, strade che potrebbero prendere direzioni diverse, forse sorprendenti. E così, sabato sera, il bordo ring del Palazzetto dello sport per l’incontro di boxe di Vincenzo Cantatore è stata occasione per un commento alla tentazione, anticipata dal Corriere della Sera due giorni fa, che starebbe intrigando Flavio Briatore, artefice dei successi della Renault in Formula Uno. Il 55enne piemontese potrebbe cimentarsi nel calcio e, in particolare, nella rifondazione giallorossa. Alcuni vip tifosi giallorossi lo accoglierebbero a braccia aperte, altri invece bocciano categoricamente l’ipotesi sul nascere. Giancarlo Fisichella è doppiamente parte in causa. Sia come uomo Renault direttamente alle dipendenze di Briatore che è stato il suo scopritore, sia come noto sostenitore romanista. «Non ci credo», premette anche un po’ per dovere di scuderia. Ma se avvenisse? «Flavio - sentenzia il pilota romano - è il numero uno come organizzatore di team. Non ho dubbi che ovunque vada, possa far bene. Nel calcio come in altri campi. Ma per me non lo vedrete in un club di calcio. Né a Roma, né altrove». Ricccardo Viola, figlio di Dino, il presidente del secondo scudetto romanista, ed oggi numero uno del Coni provinciale è decisamente favorevole «Ben venga. È un vincente ed un uomo che ha dato prova delle sue capacità manageriali». E suggerisce un’immagine che ben interpreta i sentimenti del tifoso romanista. «Nell’automobilismo - continua Viola - Briatore ha vinto in contrapposizione alla Ferrari. Sarebbe l’uomo giusto per contrapporsi alla Juventus». Anche Antonio Del Greco, vice questore e vice presidente della Federpugilato, è possibilista. «Se fosse vero, sarei sicuramente favorevole. Ha dimostrato grandi capacità ed ha vinto molto in un Formula Uno. Credo che potrebbe fare bene anche alla Roma». Il partito degli scettici è guidato da Antonello Venditti: il cantautore romano e romanista non entra nel merito, ma una sonora risata ed un «no comment» rendono pienamente il suo pensiero sulla questione. Anche Zibì Boniek si iscrive al «partito». «Non scherziamo - taglia corto l’ex campione di Juventus e Roma - La Formula Uno è una cosa, il calcio un’altra. In ogni campo serve gente competente». Roberto Ciufoli, reduce da «La talpa», si lascia scappare una battuta. «Ormai manco solo io... Ogni tanto viene accostato il nome di qualcuno alla Roma. Tra un po’ proporranno anche me. Non vedo, comunque, Briatore, bravissimo nel campo dei motori, nel calcio. Preferisco dar fiducia ai Sensi». Altro comico, altra battuta. «E cosa viene a fare, a cambiare le gomme?», commenta Maurizio Mattioli. Poi argomenta la sua contrarietà. «Briatore è sicuramente un ottimo manager, ma il calco richiede competenze specifiche e conoscenze profonde del suo mondo. Meglio di no».
Roberto Stracca

venerdì, novembre 25, 2005

18 mesi ad Abel Xavier per doping


(UEFA.COM) - Abel Xavier, difensore del Middlesbrough FC, è stato squalificato dalla Commissione disciplinare della UEFA per 18 mesi. Il giocatore era risultato positivo ai controlli antidoping. La UEFA ha emesso un comunicato ufficiale: “Riunitasi presso la sede della UEFA a Nyon, in Svizzera, la Commissione Disciplinare ha squalificato per diciotto mesi da tutte le competizioni il giocatore Abel Xavier, difensore del Middlesbrough FC. Il giocatore è risultato positivo al controllo antidoping effettuato dopo l'incontro di Coppa UEFA Middlesbrough FC - Xanthi FC del 29 settembre 2005. “Le analisi dei due campioni A e B hanno riscontrato la presenza di methandienone, una sostanza che rientra nella lista vietata 2005 degli steroidi anabolizzanti della World Anti-Doping Agency (WADA). Il giocatore è ritenuto responsabile di violazione dei regolamenti antidoping della UEFA. La Commissione Disciplinare ha pertanto comminato diciotto mesi di squalifica a Abel Xavier. Il giocatore può presentare ricorso contro la sentenza entro tre giorni dalla pubblicazione delle motivazioni”, conclude il comunicato. Il Middlesbrough aveva ingaggiato il 32enne ex difensore della nazionale portoghese ad agosto, prelevandolo a parametro zero dall'AS Roma. In nazionale ha collezionato 20 presenze, e in Europa ha giocato in squadre del calibro di SL Benfica, Galatasaray SK, PSV Eindhoven, Everton FC e Liverpool FC.

Dacourt: "Me ne vado"


(SKYSPORTS.COM) - Olivier Dacourt non rinnoverà il suo contratto con l'AS Roma e quindi lascerà presto la squadra giallorossa. "La dirigenza mi ha proposto il rinnovo con una decurtazione dello stipendio", ha rivelato Dacourt. "Lo hanno fatto con Panucci e Montella, ma non lo faranno con me. Non so cosa farò ma non credo che resterò".

venerdì, novembre 18, 2005

Moggi: "Sono un tifoso della Roma"


(IL MESSAGGERO) - E’ una vigilia diversa: tranquilla, quasi sdolcinata. Se non ci fossero i tifosi giallorossi a ringhiare contro la ”Nemica di sempre”, non sembrerebbe neanche la vigilia di Roma-Juve. C’eravamo tanto odiati è un film vecchio e ingiallito, appartiene a un’altra generazione: quella di Dino Viola e di Giampiero Boniperti, dei centimetri di Turone, dei colpi bassi tra Brio e Pruzzo, del Sensi prima maniera. Adesso tra le due società è uno scambio continuo di elogi: roba da far drizzare i capelli ai tifosi integralisti. «La Roma arriverà tra le prime quattro, per me è da Champions League» dice Moggi. Non è una battuta, quella del Lucianone nazionale, tantomeno una presa in giro. Alle indubbie qualità manageriali, il Nostro associa anche una buona dose di istrionismo ma, che ci crediate o no, stavolta sembra proprio convinto di quello che dice. «La Roma ha dei fuoriclasse, e altri giocatori cresciuti vistosamente. Tempo fa avevo puntato gli occhi su due ragazzi della “primavera”, De Rossi e Aquilani. Ora sono due punti fermi: avevo visto giusto». Per lui sarebbe stato il colpo del secolo: Legrottaglie in giallorosso, De Rossi e Aquilani in bianconero. La Roma, per sua fortuna, non abboccò. Signor Moggi, cosa sta accadendo tra Roma e Juve: come è nato questo feeling con Rosella Sensi? «Non voglio intromettermi nei problemi tra la Roma e i suoi tifosi, dico solo che si è instaurato un clima di normale amministrazione tra due componenti della comunità calcistica ( parole testuali -ndr ). Ci sono interessi comuni, ci si può aiutare a vicenda. Ho buoni rapporti non solo con Rosella Sensi, ma con tutta la famiglia». Non è stato sempre così: tutti ricordano polemiche infuocate con Franco Sensi. «L’ho sempre rispettato, al di là di battute che, entro certi limiti, sono il sale del calcio. Ricordatevi che sono un ex. Ho lavorato sette anni per la Roma, in due riprese, prima con Anzalone e Viola e infine un anno con Sensi. Credo di aver fatto qualcosa di buono». Ci manca solo che dica di tifare Roma... «Non esageriamo. Sono un professionista e per la Juve la partita con la Roma è sempre un esame difficile, perché ci troviamo di fronte una squadra di prim’ordine. Non è mai facile affrontarla, specie all’Olimpico. Ma per favore, non parliamo di guerra: limitiamoci al fatto sportivo. Che sia una sfida spettacolare, per la gioia dei tifosi. Aggiungo una cosa: quando affronta un’altra squadra, ho piacere che la Roma vinca, proprio perché non ho dimenticato il mio passato» . La Roma è sesta, se lo aspettava? «No, me l’aspettavo in una posizione migliore. Perché è forte, è una squadra che può dare filo da torcere a chiunque. Ne sa qualcosa l’Inter. Viene da tre vittorie consecutive, è in netta ripresa. La Roma, credete a me, è una grossa realtà, con giocatori sopra la media come Totti, Chivu, Cassano». Dei tre giocherà solo Totti: Chivu è squalificato e Cassano , nonostante i suoi appelli, non scenderà in campo. «Non ho mai detto che deve giocare: ho solo affermato che campioni come Cassano, quando giocano, assicurano lo spettacolo». Lo acquisterà, prima o poi? «No, per due motivi: non far ei mai uno sgarbo alla famiglia Sensi. E in attacco la Juve è messa bene, il materiale è ottimo e abbondante». Ma è vero che se avesse Totti lo cederebbe subito? «E’ stata una battuta simpatica di Francesco. Lui pensa che lo farei per sistemare il bilancio, ma chi ha la fortuna di avere uno come lui non lo dà via: Totti è un patrimonio incedibile, non solo della Roma, ma della città». Come pensa che sarà accolto Capello? «Con degli sfottò, è normale. Ma ha dato tante soddisfazioni: vincere a Roma è più difficile che altrove. Non averlo più ha ingenerato una specie di odio-amore tra i tifosi, come capita agli innamorati delusi che si sentono traditi. Fabio meriterebbe solo un applauso». Ha già sognato il risultato della partita? «Adesso lo sogno solo la notte prima della partita, ve lo darò domani sera.» Scusi Moggi, un’ultima domanda: resta alla Juve o andrà via? Berlusconi ha escluso che lei possa anda re al Milan. «Vi ho mai parlato del Milan? Tranquilli, sto molto bene dove sono. Resterò alla Juve».
Walter Gallone

giovedì, novembre 17, 2005

Chivu, comunque contro la Juve non ci sarà


(SPORTAL.IT) - Sabato sera all'Olimpico comunque Cristian Chivu non ci sarà, anche se la Commissione Disciplinare dovesse ridurgli la squalifica di una giornata, il difensore della Roma non giocherebbe lo stesso contro la Juventus. Il centrale rumeno è stato visitato giovedì mattina a Trigoria dal dottor Brozzi, medico sociale dei giallorossi, che gli ha riscontrato una lieve lesione muscolare all'adduttore sinistro.
Non si tratta di stiramento, come gli era stato diagnosticato dai medici della sua nazionale, ma il giocatore dovrà stare fermo due giorni e diventa quindi scontata la sua assenza in campionato. Le sue condizioni verranno nuovamente valutate all'inizio della prossima settimana. Pertanto è in dubbio anche la sua presenza nella gara di coppa Uefa contro lo Strasburgo in programma giovedì sera all'Olimpico.

Cufrè non si pente dello schiaffo a Del Piero


(IL ROMANISTA) - Cufré stamattina in conferenza stampa a Trigoria ha parlato della partita di sabato. "Noi stiamo facendo bene, giocheremo alla pari. Non abbiamo paura". Nella partita dell'anno scorso c'è stata troppa pressione? "Non abbiamo commesso errori l'anno scorso. E' stata un'altra persona che ha sbagliato". Chiaro il riferimento all'arbitro Racalbuto. Poi il giocatore ha parlato di Cassano: "Come sta? Si sta allenando molto bene, io come giocatore lo vorrei sempre in campo. Io come calciatore lo vorrei sempre con me". Ti sei pentito di aver dato quello schiaffo a Del Piero? "Si è pentito lui di fare quello che ha fatto? Perché fai a me questa domanda?. Roma-Juve è sentita come un derby, l'anno scorso non ci fu troppa pressione? "Sì, penso che anche voi avete esagerato. Nel calcio ci sta tutto, per noi vincere è importantissimo". Ti sei chiesto perché le tv facevano vedere la parte finale del tuo schiaffo e non la prima parte? Io so quello che ho fatto e il resto non mi interessa". Cosa ti ha insegnato Capello? "Tante cose. Da tutti si impara qualcosa". Poi sui tifosi romanisti: "La dimostrazione di affetto dei tifosi per me è il massimo, stare bene nella città più bella d'Italia è la cosa più bella". Questa Roma dove può arrivare? "Non lo so, penso adesso alla partita di sabato e poi alla Coppa Uefa". Rosella Sensi ha parlato bene di Moggi e Galliani, anche a te Moggi è simpatico? "Non lo conosco, non lo so. Non mi interessa il discorso di Moggi, lo rispetto". Ti vedresti nella Juve? "No, perché sto bene a Roma e mi identifico con questa maglia".

mercoledì, novembre 16, 2005

Mazzone racconta le sue Roma-Juventus


(ROMA.ONE) - Per analizzare il big match di sabato sera abbiamo chiesto ausilio ad un grande allenatore che ha calcato il verde prato dello Stadio Olimpico e che conosce nel profondo l'emozioni di questa sfida: Carlo Mazzone."Roma-Juventus è una partita molto sentita dalla tifoseria romana, penso che questa gara come importanza venga subito dopo al derby. C'è una grande rivalità che ultimamente si è accentuata dopo il passaggio di Capello, Emerson e Zebina proprio alla Juventus. E' una partita che regala tantissime emozioni non solo agli spettatori ma anche per chi va in campo o in panchina. Questo perché c'è un'atmosfera particolare data dallo stadio esaurito, dalla forte rivalità e dalla grande importanza che c'è intorno al risultato". Per quanto riguarda l'amarcord, l'ex tecnico del Bologna si lascia ai ricordi e ci racconta la partita che si disputò a Torino il 23 dicembre 1995, quando l'incontro terminò 0-2 grazie alle marcature di Balbo prima e autogol di Ferrara poi. "Senza dubbio ricordo uno Juventus-Roma giocato a Torino il cui campo era un vero tabù per noi visto che erano tantissimi anni che non si vincev- ricorda il tecnico trasteverino. Noi riuscimmo in questa impresa proprio prima le feste di Natale. Ricordo che quell'anno sfatammo due campi tabù, perché prima di questa sfida ci fu il successo contro il Napoli ( Napoli-Roma 0-2 marcatori Thern e Delvecchio, n.d.r.) sempre in trasferta. Ricordo che furono storiche perché erano molti anni che in queste due città non si tornava con la vittoria".Tornando al match di sabato sera, queste le sensazioni dell'ex tecnico giallorosso: "Le difficoltà sono tante, la Roma se vuole fare risultato deve giocare al massimo delle possibilità e non deve sbagliare niente, questo perché dall'altra parte c'è una grandissima squadra che è di sicuro la più forte di questi ultimi anni nonostante ultimamente sta vivendo un calo di forma. Quindi tutti i giocatori devono rendere al massimo ".Quando si parla di punto di forza con Mazzone, il nome di Francesco Totti esce in automatico: "E' scontato dire il nome di Totti che è di certo il giocatore più importante di questa squadra. Spalletti quest'anno ha fatto un grandissimo lavoro soprattutto per quando riguarda il reparto difensivo, visto che la Roma lo scorso anno ha subito tantissimi gol. Inoltre questa è una squadra che ha il gol nel suo dna, se riesce a viaggiare sullo 0-0 prima o poi la rete arriva".Sul confronto Spalletti-Capello, Mazzone risponde così:" Visto che spesso e volentieri noi allenatori veniamo esonerati quando le cose non vanno bene, credo sia giusto fare il ragionamento contrario quando un allenatore vince. Capello è un tecnico che ha vinto tantissimo in piazze importanti come Milano, Roma, Madrid quindi dati alla mano credo sia il tecnico più bravo del campionato italiano. Luciano Spalletti in questi ultimi anni sta facendo grandi cose ottenendo risultati importanti, non è un caso che gli è stato conferito anche un grande riconoscimento qualche giorno fa a Coverciano (la panchina d'oro, n.d.r.). Per cui credo che questo allenatore possa essere considerato molto bravo".
Marco Montanari

"La Juve? Che presuntuosi..."


(IL ROMANISTA) - Non fa mai sconti a nessuno. Parla sempre chiaro, diretto, da uomo vero. Carlo Petrini ha giocato nella Roma solo una stagione, nel 75/76. Venticinque partite e sei gol il suo curriculum in giallorosso. Può sembrare poco, ma a Roma a distanza di trenta anni se lo ricordano tutti. Anche per quel gesto che fece in quel Roma-Sampdoria all'Olimpico in cui chiese scusa alla curva Sud dopo aver sbagliato qualche gol di troppo. Non era Maradona, ma un grande uomo, quello sì. Ne ha viste e vissute tante di partite contro la Juventus, a volte da protagonista, a volte un po' più ai margini. "Ricordo che nel Mantova – dice Petrini a “il Romanista” - la presunzione di questi giocatori con la maglia bianconera che ci prendevano in giro dicendoci “Cosa continuate a correre per due soldi che guadagnate...”. In effetti la differenza tra noi e loro era enorme, però vedere i vari Causio, Bettega ed altri comportarsi in quel modo, era davvero umiliante".
Qualche anno dopo il passaggio alla Roma. Nella stagione 75/76 appunto. Squadra diversa e ambizioni non più da provinciale. Finalmente, Carlo, si prese una bella rivincita contro "quei presuntuosi": "In quella stagione all'andata, a Roma, pareggiammo 0-0. Al ritorno, invece, a Torino la gara fu diversa nonostante finì comunque con un pareggio, 1-1. La nostra prestazione fu di quelle importanti, trascinati da un grandissimo Ciccio Cordova che fece impazzire i difensori juventini. Io riuscii a regalare il gol del pareggio con un bel colpo di testa che sorprese Zoff. Davvero una bella soddisfazione. Tuttavia in quegli anni la rivalità Roma-Juve ancora non era accesa come oggi. I rapporti tra le due società cominciarono ad inasprirsi fortemente dal gol di Turone in poi".
I tempi sono cambiati, Petrini non segue più molto il calcio, eppure per la partita di sabato spera in una bella vittoria della Roma: "Mi piacerebbe che la Roma batta la Juve. Questo sarà possibile solo se si giocherà 11 contro 11 e non 11 contro 13 come è successo molte volte... Battere Capello all'Olimpico sarebbe una rivincita per tutti e una bella soddisfazione per i tifosi. Cassano? E' difficile dire se potrà risultare determinante. Non gioca da tanto tempo e rischiarlo in una partita così delicata, mi sembra sbagliato. Personalmente credo che Spalletti, un allenatore molto bravo e pacato, riproponga la formazione che ha giocato e vinto nelle ultime domeniche. Ma, ripeto, la partita deve essere giocata undici contro undici...".

lunedì, novembre 14, 2005

La cena galeotta di Chivu a Trastevere col Real Madrid


(IL ROMANISTA) - A Roma due giovedì fa Chivu era a cena con un manager nell'orbita-Bronzetti, il super mega intermediario del calciomercato tra Spagna e Italia). Hanno mangiato a Trastevere al ristorante Prado. Si è parlato di Real Madrid e di un eventuale trasferimento alle merengues. Enersto Bronzetti ha confermato tutto: "E' vero che Cristian era a cena con un manager che lavora per me, ma è successo per caso. Chivu al Real? E' troppo presto per parlare di queste cose".
Tonino Cagnucci

Totti spara a zero su Capello: "Non è un uomo vero"


(IL MESSAGGERO) - «Sono arrivato tardi. Dieci minuti. Si è aperto l’ascensore e ho visto Tottino». Francesco Totti è papà da una settimana. Dal gol di Messina al piccolo Cristian. Da un’emozione all’altra, tanto velocemente da dover riavvolgere il nastro e rivivere domenica 6 novembre. Per la Juventus che arriva sabato, c’è tempo. Priorità al primogentito. Capello ed Emerson, però, non passano certo in secondo piano. Sensazioni di quella giornata? «Ho giocato a Messina senza nemmeno rendermi conto di dove fossi. Non posso nascondere l’ansia di quelle ore in campo: negli spogliatoi, nella corsa all’aeroporto di Catania e in clinica a Roma con mia madre. Solo io sapevo che Ilary aveva cominciato il travaglio». In campo, però, nessuno si è accorto di quello che stava passando. Totti tranquillo, elogiato alla fine da Spalletti perché non ha replicato alle provocazioni. Come è stato possibile? «In quella domenica, c’è un po’ la storia di tutto questo periodo, prima e dopo la nascita di Cristian. Vedendo i risultati, i gol segnati, la nuova responsabilità, sicuramente più importante delle altre, mi ha condizionato in modo positivo. Concentrato in campo grazie alla distrazione di quanto accadeva fuori...». Perché proprio Cristian? «Il nome lo abbiamo scelto, in modo definitivo nella notte. All’inizio eravamo circondati da tanta gente, dall’affetto delle persone più care, i nostri parenti e molti amici. Quando siamo rimasti soli, io ho dormito lì con Ilary e il piccolo, abbiamo deciso. Sì, guardandolo in faccia». In quanto a piedi, somiglia a papà Francesco? «Chissà. Così può giocare nel mio stesso ruolo». E se diventasse della Lazio? «Matematicamente impossibile. Più facile che non giochi a pallone». E’ la settimana di Roma-Juventus: Cristian si comporta bene di notte o tiene sveglio il papà? «Mangia e dorme. Meglio di così non si può chiedere». Saltata la Nazionale per infortunio, sarà regolarmente in campo sabato sera? «Recupererò, Spalletti e i tifosi possono stare tranquilli. Per forza. Anzi, avrei fatto di tutto per farcela anche per la partita di Amsterdam, se fosse stata con tre punti in palio. Lo staff tecnico e quello medico mi hanno consigliato di non correre rischi, la lesione di quattro millimetri poteva andare a posto, ma se poi mi accadeva qualcosa, sarebbero iniziate le solite polemiche. Una volta non ho detto che stavo male: sono stato fermo quasi tre mesi per uno stiramento... Insomma la decisione l’abbiamo presa insieme. Quando uno gioca ogni tre giorni, deve anche pensare a questo. A salvaguardarsi». Poco tempo fa ha rivelato che in futuro potrebbe anche essere nuovamente allenato da Capello. In che modo? «In nessun modo. Non accadrà mai più . Non ho mai detto che tornerei a giocare in una squadra di Capello. Con me usano frasi e interpretazioni a vanvera, molto spesso...». Alla Juve, due anni fa, fece quel gesto con la mano, quattro, zitti e a casa. Capello era all’epoca romanista. Lo ripeterebbe, quel gesto, ora che il tecnico è sulla panchina bianconera? «Certo rifarei il quattro. An drebbe bene anche il tre, il due o l’uno, basta vincere. Era ironico, come gesto. Dedicato a un avversario. Storia finita lì. Anch’io accetterei uno sfottò del genere, giocando però in modo tale da non subirne... Non bisogna, però, confondere la goliardia con altri atteggiamenti. Da inizio stagione ho cambiato registro. Non reagisco più, non vale la pena. Tanto ci rimetto solo io e adesso l’ho capito, guardate a Milano che cosa è successo». Nel campionato scorso, contro la Juve, la Roma per due volte non scese in campo. E sabato? «Stavolta ce la giochiamo, non sarà come un anno fa. E’ sfida sentita da squadra, pubblico e società. Vogliamo dare più del massimo». Può evidenziare la più grande differenza tra Spalletti e Capello? «Spalletti, rispetto a Capello, è una persona vera. A me interessa prima l’uomo che l’allenatore. Si vede come si comporta con il gruppo, non fa distinzioni tra Totti e Montella e gli altri. Capello, invece, nei rapporti si comportava in modo diverso con alcuni giocatori importanti...».
Ugo Trani

Le verità di Panucci su Capello, Juve, Delneri


(CORRIERE DELLA SERA) - Se Roma-Juve si fosse giocata in questo week end, Christian Panucci forse non ce l’avrebbe fatta. La faringite, infatti, l’aveva messo ko. «Ero debilitato, veramente a pezzi. Meno male che c’era la sosta». Benedetta nazionale. La stessa nazionale in cui lei, per oscuri motivi, non può mettere piede. Panucci, cosa è successo dopo Empoli? «Che ognuno di noi ha fatto un esame di coscienza. Ci siamo confrontati, ed è uscita fuori la nostra dignità. Si può perdere e vincere, ma quella sconfitta mi ha fatto male come professionista». Presunzione? «Qu ando erano in dieci abbiamo pensato di vincere facilmente, ma poi è subentrata la paura». Per lei, la Roma deve giocare da provinciale... «Che non significa sminuire: al Milan, un anno, ho vinto tutte le partite per 1-0. E alla fine ho festeggiato lo scudetto». Cosa le ha insegnato la scuola di Milanello? «Ho avuto sempre la fortuna di giocare in squadre con cultura del lavoro. Se sono ancora qui, qualcosa ho seminato». La Juventus è una grande che gioca con lo spirito da provinciale? «Pensano prima a non prenderle. Poi, con la qualità che hanno, prima o poi un gol lo segnano. Noi dovremmo fare lo stesso». Sono così nettamente più forti? «La vera differenza la fanno la mentalità e i chili che mettono in campo. Sono forti e pesanti: specie in trasferta, conta molto. Ma non dobbiamo avere paura. Senza grandi pressioni, possiamo battere chiunque». Fu la troppa pressione a bloccarvi un anno fa? «Il clima ora è più tranquillo. Ma nel ritorno non meritavamo di perdere». Un’intervista di Rosella Sensi, nella quale definiva Galliani «amabile», Moggi con «senso dell’umorismo», Zeman «più presuntuoso che altruista», ha innervosito i tifosi. «Di Galliani è vero, è l’unico che conosco di persona... La gente sente molto questa partita, normale ci sia un po’ di pepe in più». Quest’anno è andato a scuola di leadership? «Ho grande entusiasmo, sto bene con me stesso. Amo il mio lavoro, impegnarmi nelle partitine, alzarmi la mattina per andare a Trigoria. Per questo ho firmato fino al 2009. Se poi vedo che a 35 anni non ce la faccio più, sarò io a dire basta». Sarà il ruolo di vice capitano, ma Panucci ora difende i suoi compagni, da Cassano in giù. «Non sono né di destra, né di sinistra. Difenderò sempre i miei compagni, ma se uno sbaglia lo dico con onestà intellettuale». Cassano serve alla Roma? «Quando sta bene è importante, ma ora non è tranquillo. Mi auguro per Antonio che, in un modo o nell'altro, trovi il miglior accordo per lui e che possa andare ai Mondiali. È felice solo se gioca». La fascia di capitano consegnata a Tommasi? «Un gesto dovuto. Quando non ci saranno Totti e Montella, per me il capitano sarà sempre lui». È di nuovo un idolo dei tifosi. Che prima le davano del ruffiano se tirava le magliette in curva... «Non mi sono mai preoccupato. Ho fatto dei gesti verso gente che mi ha sempre rispettato». Delneri la mise fuori squadra e la reintegrò solo quando chiese scusa. Gli diede del bugiardo? «Io chiesi scusa a lui e lui a me. Tutto è finito lì». Ha saltato cinque partite per quella storia ... «Siamo due persone orgogliose. Ma non mi sono permesso di dargli del bugiardo. C’è stato un equivoco in un momento difficile». E con Capello a Reggio Calabria, quando si rifiutò di entrare in campo, cosa accadde? «Non lo dirò mai, fino alla tomba. Ma lui sa... Diciamo che quella volta ho preferito mandar giù io. Nessuno, però, dice che feci un comunicato il giorno dopo per chiedere scusa». Chiudiamo il giro: cosa è successo con Lippi? «Non lo dico, anche se so che tutti lo vorrebbero sapere... Ma sembra che io soffra come un matto per la nazionale, e invece non è così». Se fosse della Gea, sarebbe in azzurro? «Non lo so. Ma non mi interessano cori, striscioni o sponsor. Sono una persona seria e pulita». È vero che Capello la voleva alla Juventus? «Chieda a lui. Vuole il numero?» Ma allora vi sentite? Non è Capello quello che dice di non telefonare ai suoi ex giocatori? «È vero che lui non chiama, lo faccio io ogni tanto. Ci ho lavorato 12 anni, è normale». Gioco della torre: giù Lippi o Delneri? «No. È un gioco, ma lui è permaloso...». Moggi o Capello? «Moggi non lo conosco bene. È difficile...» Due non risposte. Agricola o Giraudo, allora? «Ma che mi vuole far fare casino? Fatemi passare una settimana tranquilla...».
Ernesto Menicucci

venerdì, novembre 11, 2005

Doni: "Io, portiere per caso"


(IL MESSAGGERO) - In Brasile ha più di trecento presenze tra Botafogo, Corinthians, Santos, Cruzeiro e Juventude. Ha qualche scudetto e coppe nazionali sulle spalle, ha giocato la Libertadores, eppure non lo conosceva nessuno. «E’ sempre così quando si parla di portieri brasiliani. Qui il calcio brasiliano si vede poco, non interessa», ci spiega il signor Alexander Marangao Donieber, detto Doni, 26 anni compiuti lo scorso ottobre. E’ un po’ la scoperta di questo scorcio di campionato, ma lui non è sorpreso affatto. Come ha iniziato? «Per caso. Avevo sette anni, praticavo il calcetto. Un giorno mancava il portiere e hanno mandato me. A 14 anni mi presentai nella squadra del Jundiai di San Paulo come centrocampista, ma qualche compagno di squadra suggerì all’allenatore di mettermi in porta. Da lì sono finiti i sogni di fare il centrocampista». Come spiega il miglioramento dei portieri brasiliani. «Perché in Brasile si è ricorso all’allenatore dei portieri. Val dir Morais, un portiere di parecchi anni fa, è stato il primo a credere nei preparatori». Quali sono le sue origini italiane. «Nonni e bisnonni da parte di mamma e papà. Una “faceva” Brugnoli, l’altro Marangon, diventato Marangao in Brasile per un’iscrizione sbagliata». Perché i giocatori tendono a “fuggire” dal Brasile? «C’è un fattore economico e poi scappiamo dalla delinquenza». Si considera un portiere “pazzo” come tradizione vuole? «Sono un tipo sereno che in campo si fa sentire». Sembra poco elastico tra i pali. «E’ un’impressione. La verità è che, essendo molto alto, non ho bisogno di fare voli elastici». Con lei, la Roma non ha mai perso. Bravo o fortunato? «I successi non dipendono solo dal portiere. La fortuna, però, è una componente importante». La gara di Messina le ha cambiato la vita? «Direi di sì. Ora posso dire che sono felice. Possiamo arrivare in alto». Spalletti ha puntato su di lei sotto consiglio di qualche difensore esperto? «Non lo so. Che avrei giocato l’ho saputo poco prima del derby». Alcuni tifosi dicono che ha il viso di uno che s’è appena svegliato. «(Risata, ndr) Dipende dai capelli dritti. Purtroppo dormo poco: ho un bambino piccolo che piange spesso…». Il suo contratto scade a giugno. Se il Tas dovesse bloccare tutto? «Ho parlato con la società, non ci sono problemi. Faremo tutto prima. Non scappo».

martedì, novembre 08, 2005

Pasolini e la Roma


(CORE DE ROMA) - Pier Paolo Pasolini era un grande appassionato di calcio. Era tifoso del Bologna, lo sapevano tutti, ma vivendo a Roma e amando visceralmente questo sport, andava tutte le domeniche allo stadio Olimpico. E così finiva per seguire anche la Roma e la Lazio. Però, una certa simpatia per la Roma è testimoniata da alcune espressioni forti contenute nei suoi romanzi come ad esempio: “’Sto laziale stronzo!”. Oppure: “Forza, a Trerè, faje vede chi ssei!” (Tre Re giocò cinque stagioni con la Roma e dal 1951 al ’54 ne fu il capitano). O ancora: “e lasseme perde, no? Nun lo vedi che so’ Pandorfini, so’?” (Egisto Pandolfini acquistato dalla Roma nel 1952 per la cifra record di 50 milioni).
Oltre a guardare le partite, Pasolini amava anche fare le partite. A questo proposito Ninetto Davoli racconta: “Appena sentivamo il rumore di un pallone ci fermavamo e cominciavamo a giocare”. Pasolini, alla vista di un pallone, anche se si trovava vestito di tutto punto, mollava ogni cosa e si metteva a giocare. Frequentando spesso la periferia romana come Pietralata, il Pigneto, Monteverde (quartiere dove visse dal 1954 al 1963), incontrava spesso ragazzi impegnati a rincorrere una palla, e lui, con facilità, si mischiava a loro. Molte sue pagine raccontano proprio di queste spontanee “ricreazioni” collettive, rese possibili, a quei tempi, dai molti spazi vuoti e le poche macchine circolanti, quando “giocare al pallone era la cosa più bella del mondo”.
“Era una spianata lunga quasi un chilometro… intorno tutte file di palazzoni appena costruiti di sei sette piani… ci giocavano a pallone poco poco un centinaio di ragazzi”. Questa, tratta da “Una vita violenta”, è una delle tante descrizioni di una Roma de pischelli alle prese col pallone e il polverone che spesso alzavano ruzzolando sulla terra secca.
Ancor più bella quest’altra descrizione: “Poi vennero due o tre con una palla, e gli altri buttarono le cartelle sopra un montarozzetto, e corsero dietro la scuola, nella spianata ch’era la piazza centrale della borgata”. Prima di cominciare buttavano le dita per dividersi e dei mucchietti di breccole (sassolini) facevano da pali alle porte. Chi non aveva voglia di partecipare si metteva a sedere per terra e si guardava la partitella, magari sfottendo quelli più scarsi.
Oggi, 2 novembre 2005, a trent’anni dalla sua barbara uccisione rendiamogli omaggio leggendo, o rileggendo, i suoi libri e guardando, o riguardando, i suoi film. Come nessun altro ci ha raccontato le borgate romane con una realtà, un amore e una poesia sconvolgente.
Pierluigi Lupo

Ultimora: Cassano sta per firmare


(STUDIO SPORT) - Rinnovo triennale del contratto con clausola rescissoria tra i 15 e i 18 milioni di euro, e ingaggio a cifre a metà tra le ultime offerte della Roma e le ultime richieste dello staff del giocatore: ecco la novità sul caso Cassano che si sta diffondendo come un fulmine a ciel sereno nell'ambiente romano. Con il giocatore ci sarebbe un esplicito assenso al suo passaggio alla Juventus a giugno, già concordato con la società bianconera, ma questo passaggio avverrebbe alle cifre pretese dalla Roma.

Radio vaffanculo


(INDISCRETO) - "Vaffanculo a te e a chi ti fa scrivere". Finisce praticamente così una delle più normali giornate di una radio romana, di cui francamente non ricordiamo il nome, tantomeno ricordiamo il nome del cosiddetto conduttore (siamo contro la pubblicità gratuita). Comunque si tratta di un tizio che nella maniera più ridicola e patetica del mondo ha imbastito un mix di insulti nei nostri confronti dopo la pubblicazione dello sfogo di un calciatore romanista su questo sito. Sfogo oltretutto edulcorato e tagliato dal direttore, ma che ci ha fatto guadagnare l'attenzione dei giornalisti-tifosi (più tifosi che giornalisti) della Capitale, dopo quella dei pari grado milanesi (non certo migliori, ma di sicuro con meno mezzi a disposizione). Una delle radio dell'etere giallorosso, fra quelle che ci hanno telefonato in diretta, è stata particolarmente simpatica. Si é partiti da un comico "La società AS Roma sostiene che lei si é vendicato per via di un'intervista non concessa ai tempi nei quali lavorava per una radio romana", per proseguire su questa falsariga. Inutile farvi perdere tempo e dire che mai abbiamo lavorato per una emittente della Capitale (semplicemente perché ci considerano scarsi, su questo hanno ragione) e figuratevi se la Roma si può mettere a fare discorsi del genere per rispondere ad un normalissimo pezzo di ambiente. Il problema, dopo l'articolo sul giocatore giallorosso che assieme ad altri non vede l'ora di andare via da un ambiente che ti soffoca con il suo amore nonostante tu sia poco interessato ad essere amato in questo modo, é che continuano a piovere insulti a non finire. La ragione sarebbe quella di aver parlato male di Roma e della Roma. Il divertentissimo slogan "Chi é contro Roma ha Roma contro", urlato con cattiveria da chi pensa che i santoni delle radio locali siano gli unici ad avere ragione sulla terra, ci é arrivato nella casella e-mail almeno un centinaio di volte. Siamo contenti di aver potuto offrire uno sfogo a tante anime nobili, però speriamo di non essere presi per lo psicologo della mutua, a cui si possa dire gratis di tutto. Insomma, una cosa l'abbiamo capita e imparata, in questi giorni: nessuno osa a Roma criticare i giocatori, a meno di precisi input. I giornalisti sono persone come tutte le altre e hanno il diritto al quieto vivere, non si può andare verso il suicidio solo per scrivere quello che veramente accade nel calcio della Capitale. Qualcuno, al nostro posto, dopo la marea di insulti magari fa due conti e pensa che sia più importante il 27 del mese che far capire una parte di verità ai lettori, ammesso che ai lettori la verità interessi (tema troppo grosso, superiore alle nostre possibilità): scelta rispettabile, soprattutto nei media di oggi, dove la notizia conta leggermente meno di zero. Per questo leggerete solo storie a lieto fine, con l'unica polemica verso gli incompetenti che assegnano il Pallone d'oro. "E' una vergogna che Totti non sia fra i primi cinquanta". Alla fine sarà colpa dei giurati, tutti giornalisti esperti di calcio internazionale, che la Roma si sia salvata della retrocessione solo perché é riuscita, senza meritare, a vincere sul campo dell'ultima in classifica nella penultima giornata. Inutile aggiungere che nelle menti dei tanti ascoltatori di questa radio del 'Vaffanculo' il giurato olandese, polacco oppure irlandese sono contro la Roma per partito preso. L'importante è crederci...
Dominique Antognoni

Caso Mexes, in arrivo la mazzata


(CORRIERE DELLA SERA) - La Roma è preoccupata dalla possibilità di un durissimo blocco di mercato per la vicenda Mexes, ieri celebrato da Laurent Blanc («Dicono mi somigli: è vero. Non mi stupisce la sua ripresa, ero sorpreso piuttosto dalle difficoltà che ha sofferto finora»). La telenovela del difensore-neo goleador, pare all’epilogo: sabato 12 e martedì 15 il Tas dovrebbe esprimere il doppio verdetto sul costo del giocatore e il blocco di mercato. Al più tardi, bisognerà aspettare fine novembre. Le voci che filtrano dalla Svizzera - e dalla Francia, dove è in atto una massiccia campagna pro-Auxerre - restano inquietanti: la Fifa, che nelle aule del Tas ha fatto da pm, chiede una sentenza-deterrente per chiunque provi a risolvere un contratto unilateralmente. Passasse questa linea, la Roma subirebbe effetti devastanti: non meno di 10 milioni di euro di indennizzo da versare all’Auxerre (che ne chiede 12,5: gli 8,5 riconosciutigli dalla Fifa, più 4 di danni) e, soprattutto, un blocco di mercato per due «finestre». Vale a dire, nessun acquisto fino a gennaio 2007. La Roma, coi suoi legali Conte e Crespo, si è opposta puntando su tre elementi-chiave: l’Auxerre, che aveva comunque deciso di cedere Mexes, non ha subìto un vero danno; non ha senso giuridico punire il colpevole di aver rotto un contratto (Mexes) con 6 settimane di squalifica e chi lo ha spinto a farlo con un anno e mezzo; il regolamento Fifa (gli articoli 21 e 23) che ha portato a sanzionare la Roma è stato definito dallo stesso organismo «obsoleto e non praticabile» e per questo stravolto. Pronostici? Quelli di sempre, quando di mezzo c’è la giustizia sportiva: se la sentenza sarà giuridica si può sperare; se invece sarà politica, tanto vale prepararsi a una nuova terrificante mazzata.
Stefano Petrucci

Cristian senza H


(CORRIERE DELLA SERA) - Si chiama Cristian, senza «acca», pesa 3,200 kg., è un bel maschietto e secondo molti è tutto il papà. «Mamma Fiorella mi ha mostrato una foto di Francesco da piccolo: è uguale a lui», ha detto sorridendo il sindaco Walter Veltroni, tra i primi, ieri, a precipitarsi alla clinica Quisisana, ai Parioli, per portare a Totti e Ilary Blasi i saluti della città di Roma. «È bello – ha detto Veltroni – come i suoi genitori, dentro e fuori. L’ho visto che dormiva pacioso e sereno, è un evento che fa piacere ai romani e che è stato salutato con allegria dalla città. Ilary sta molto bene e Francesco è al settimo cielo». E, per testimoniarlo, il primo cittadino ha raccontato un piccolo episodio: «Al mattino ero in una scuola romana, per un’inaugurazione. Qualcuno mi ha chiesto se sapessi il nome del piccolo. Io ancora non lo sapevo, ma una signora dietro a me ha risposto: ’’Si chiama Cristian’’. Era più informata di me...». La prima notte da papà, quella tra domenica e lunedì, Francesco l’ha passata in clinica. Ieri mattina, la scelta del nome. «Ilary aveva fatto sei ore di travaglio, era troppo stanca. Per questo abbiamo deciso il giorno dopo», ha spiegato Totti, emozionato e provato come ogni papà che si rispetti. Intorno all’ora di pranzo, raggiunto dal bel saluto di Spalletti («Lancerò un nuovo ’’tridente’’: Totti, Montella e Tottino»), ha lasciato la clinica per una breve pausa: «Mio figlio è bellissimo. A chi assomiglia? A tutti e due... Sia il bambino che Ilary stanno benissimo, credo che nel giro di due o tre giorni potranno tornare a casa». Lui, intanto, dovrà rispondere alla chiamata della nazionale. Domani sarà regolarmente a Coverciano. Dopo le visite dell’altra sera (l’amico del cuore Giancarlo Pantano e Giovanni Malagò i più lesti a presentarsi in clinica), il primo omaggio floreale a Ilary è arrivato dallo staff giallorosso: il preparatore personale di Totti, Vito Scala, e il medico sociale giallorosso Mario Brozzi hanno regalato alla neo-mamma un cesto di rose. Accanto ai genitori Fiorella Totti, raggiunta dall’altro figlio, Riccardo, e dal marito Enzo. Nel pomeriggio, invece, è andata a trovarli Rosella Sensi, amministratore delegato della Roma, da sempre legatissima a Francesco e alla sua famiglia. Tra i tanti auguri arrivati, quelli del presidente della Provincia Enrico Gasbarra e quelli dell’Unicef, di cui Francesco è testimonial: «Un augurio speciale a loro due – ha detto Antonio Sclavi, presidente di Unicef Italia – perché Cristian sia un bambino sereno, felice e pronto a condividere gli ideali di solidarietà, di uguaglianza e di pace. E soprattutto, l’augurio che possa crescere in un mondo a misura di bambino».
Ernesto Menicucci

lunedì, novembre 07, 2005

E' nato Christian Er Pupetto, fiocco giallorosso


Francesco Totti è diventato papà di un maschietto di 3 kg e 200 grammi di nome Christian. La moglie del capitano della Roma, Ilary Blasi, è entrata questa sera in sala parto alla clinica Quisisana di Roma, ai Parioli, dove poco prima delle 22 ha dato alla luce il primogenito del numero 10 giallorosso. Ilary è stata assistita da ginecologo professor Figliolini. Trascorrera' la notte in clinica, accanto alla sua Ilary e al suo piccolo appena nato, Francesco Totti, per il quale l'arrivo del primogenito ''e' una gioia da non capirci niente'', come ha confessato a parenti ed amici .
Il calciatore, che dopo aver giocato la partita con il Messina ha preso un aereo per tornare a Roma, è arrivato in clinica alle 21.30 per assistere la moglie Ilary, pochi minuti prima che nascesse il bimbo. Il capitano giallorosso non ha viaggiato con la squadra (il charter prenotato dalla società di Trigoria viaggiava con due ore di ritardo), ma con un volo di linea diretto a Milano, che faceva scalo a Fiumicino. Qui ad attendere Totti c' erano la madre e Vito Scala, fisioterapista personale del calciatore. Quindi la volata fino alla clinica a bordo di una Mercedes, guidata dallo stesso Totti.
Il sindaco di Roma Walter Weltroni ha espresso i suoi personali auguri e quelli di tutta la città alla coppia per la nascita del loro primogenito. «I migliori auguri al nuovo bambino, alla mamma e al papà che lo hanno tanto atteso. Questa nascita rallegra tutta la città» ha detto il sindaco. Il tecnico della Roma, Luciano Spalletti, e' stato tra i primi a fare gli auguri al neo papa' Francesco Totti. "Tanti auguri a Francesco e Ilary da Luciano, Mara, Federico e Samuele Spalletti - si legge nel messaggio inviato al capitano giallorosso - ora che abbiamo un 'Tottino' sto gia' pensando a cambiare modulo per giocare con due trequartisti e una punta". A Totti sono arrivati anche gli auguri del sindaco di Roma, Walter Veltroni, e della famiglia Sensi. Tra i primi ad arrivare per il piccolo, Giancarlo Pantano, amico di infanzia di Totti e calciatore della Cisco Roma e i cugini di Ilary.

Serie A, guerra aperta tra Bonolis e i giornalisti sportivi


(TGCOM) - "Insultare il nostro direttore è come insultare tutti noi". E' questa la replica, a nome dei giornalisti sportivi Mediaset, di Sandro Piccinini all'intervento di Paolo Bonolis durante Serie A. "Ha parlato simpaticamente di penombra. Altrettanto simpaticamente dico che troppa luce può dare alla testa". Mediaset conferma lo spostamento a Roma di Serie A, ma prende le distanze da "tutti i riferimenti indiretti alle persone che restano opinioni personali".
Piccinini ha precisato di parlare a titolo personale "essendo Ettore Rognoni mio direttore da 18 anni e io un collaboratore: non mi può autorizzare il Cdr, mi autorizzo da solo. E un po' mi vergogno di fare un uso non professionale della tv, perché in 27 anni io non l'avevo mai fatto...". Il conduttore ha poi difeso il suo direttore: "Bonolis ha offeso Ettore Rognoni e ha offeso tutti noi", ha detto il conduttore di Controcampo, riferendosi al monologo di Bonolis durante Serie A. "L'hanno dipinto come il responsabile dei problemi e degli insuccessi di quel programma. Ma i responsabili sono i curatori e gli autori, che tra l'altro sono ben pagati e dovrebbero rispondere nel bene e nel male, senza accusare gli altri".
"Se poi - ha proseguito Piccinini - difendersi e battersi contro gli angoli di gossip, le interviste strampalate a Bill Gates, le geniali idee di convocare insieme in sindaco di Milano Gabriele Albertini e il calciatore Demetrio Albertini, o di proporre stralunati quiz sul calcio nell'ambito storico della domenica alle 18 è diventata una colpa, ne prendiamo atto in attesa di capire dall'azienda. Poi ognuno trarrà le proprie conclusioni". "Insultare il nostro direttore è come insultare tutti noi, e questo non è accettabile neanche da un personaggio simpatico come Paolo Bonolis - ha concluso Piccinini - Tra l'altro ha parlato simpaticamente di penombra. Con altrettanta simpatia dico che troppa luce da' alla testa". In difesa di Rognoni è intervenuto anche Giampiero Mughini, ospite fisso della trasmissione, che sempre in diretta ha definito "l'uso sprezzante e un po' camorristico del termine penombra per Rognoni, uno dei padri del giornalismo sportivo in Mediaset. Un fatto miserabile, e sorprende che a usarlo sia stata una persona come Bonolis".

Mediaset, con un comunicato stampa, ha confermato che 'Serie A' "prosegue con la conduzione di Paolo Bonolis e con il prezioso lavoro giornalistico di Sport Mediaset. Continua il lavoro di messa a punto del programma: Bonolis ha chiesto di poter trasferire lo studio da Milano a Roma per un'ottimizzazione dei propri impegni professionali. L'artista infatti, oltre a Serie A, condurrà - prosegue ancora la nota dell'azienda - per Canale 5 da Roma un programma di seconda serata già da fine novembre più uno show di prima serata nei mesi successivi". Mediaset, invece, precisa che in "quanto alle dichiarazioni avvenute nel corso di Serie A, Mediaset prende le distanze da tutti i riferimenti indiretti alle persone che restano quindi opinioni personali".

Stato di agitazione e assemblea di tutti i giornalisti sono stati indetti dal Cdr di Sport Mediaset in seguito alla vicenda Bonolis. Matteo Dotto, a Controcampo, ha letto un comunicato del Cdr nel quale si afferma: "A tre ore dalle esternazione del conduttore di 'Serie A' secondo le quali la produzione del programma verrà spostata dalla prossima puntata a Roma, non siamo a conoscenza di alcun comunicato dell'azienda che confermi o smentisca tale affermazione, né ci risulta siano state prese le difese di un suo dirigente e nostro referente insultato in diretta". "Essendo 'Serie A' un programma giornalistico della testata Sport Mediaset - prosegue il comunicato -, il contratto di lavoro prevede che qualsiasi modifica del lavoro redazionale sia concordata con l'organismo sindacale in rappresentanza dei giornalisti. Non essendo ciò avvenuto, valuteremo con l'azienda se le esternazioni del conduttore di 'Serie A' corrispondono al vero. In tal caso la redazione si riserva di tutelare i propri diritti contro un comportamento contrario al contratto di lavoro e di denunciare eventualmente in tutte le sedi atteggiamenti che non corrispondono ad un'azienda grande e seria come Mediaset, che non puo' farsi umiliare e ricattare da un suo collaboratore".

Intervista a mister Spalletti: "Serve umiltà"


(CORRIERE DELLA SERA) - Luciano Spalletti si gode il terzo successo consecutivo giallorosso, evento che alla Roma mancava da un anno e mezzo, gestione ancora capelliana, e anche l’avvicinarsi alle parti alte della classifica: con la vittoria di ieri, i suoi «vedono» la zona Champions, lontana solo due lunghezze. «La squadra – dice il tecnico toscano – ha lottato da formazione matura. Francesco, poi, ci ha messo del suo con un gran gol da fuori e lì tutto è diventato più facile». Non vuole ancora sentir parlare, però, di obiettivi futuri: «Il quarto posto? Non corriamo troppo. Puntiamo intanto a fare come oggi, reagendo ai momenti difficili». Di tutta la partita, infatti, Spalletti vuole sottolineare proprio la sofferenza del secondo tempo. E, per paradosso, è l’aspetto che lo ha più rincuorato: «Dopo il vantaggio, ho visto una squadra vogliosa di portare a casa la vittoria, qualsiasi comportamento ci fosse da adottare. Il Messina ha grandi meriti: ha giocato la palla in velocità e ci ha pressato costantemente. Qualcosa, specie nelle ripartenze, abbiamo sbagliato anche noi, con passaggi semplici buttati via». Il portiere Doni, uno dei migliori dei suoi, per molti è stato una scoperta: «Non per me, che l’ho utilizzato in un momento difficile. Sarà una sorpresa per qualcun altro, visto che ne ho sentite di tutti i colori quando ho cambiato portiere». E adesso, per il brasiliano, già si parla di contratto: entro aprile, infatti, la Roma deve decidere se esercitare l’opzione per tre anni (accordo già fatto, al momento della stipula dell’attuale contratto) oppure no. Incontro possibile a breve. Spalletti elogia, ancora una volta, la prova di Totti anche dal punto di vista comportamentale: «Francesco non ha mai reagito, e si è comportato da grande campione anche in situazioni poco simpatiche». A proposito di Totti: se lo sentiva che ieri sarebbe diventato padre. Per questo non ha voluto parlare dopo la partita, nemmeno per una dedica. È corso a Roma, dove lo aspettava Ilary ed è riuscito ad assistere alla nascita del bambino alla clinica Quisisana. Tornando alla gara, la Roma si è confermata micidiale nello sfruttare angoli e punizioni con cross in area. Spalletti ne spiega i motivi: «Mexes, come Kuffour e Panucci, ha grandi qualità nei colpi di testa e negli inserimenti offensivi. E poi i numeri del calcio dicono che le palle inattive sono importanti, e noi cerchiamo di sfruttarle al meglio». Chiude su Cassano, facendo marcia indietro rispetto a sabato: «Sono stato male interpretato (e ti pareva..., ndr). Non ho mai detto che non è consono al progetto, anzi lo guardo come guardo gli altri. Può essere utile, anche contro la Juve. E comunque vorrei parlare delle cose che si stanno sviluppando bene, e ce ne sono molte di più dei casi. Faccio i complimenti ai miei giocatori: così mi rendono felice». Meno felici, nonostante il successo, i tifosi romanisti, che nella curva del San Filippo hanno esposto lo striscione «Sensi vattene» (riferito alla figlia del presidente) e che a fine gara sono andati via senza festeggiare. Segno che le parole di Rosella Sensi di qualche giorno fa, hanno scavato un solco profondo tra il club e gli ultrà. Sabato notte, momenti di agitazione vicino a Salerno: il treno su cui viaggiavano i romanisti è stato fermato azionando il freno d’emergenza, e c’è stato qualche scontro con alcuni tifosi campani.
Ernesto Menicucci

Messina-Roma, i commenti del post partita


(CORRIERE DELLA SERA) - Due gol consecutivi, che hanno fruttato sei punti pesantissimi. Philippe Mexes, proprio a ridosso del giudizio definitivo del Tas sulla sua vicenda, ci ha preso gusto: con l’Ascoli ci aveva messo il ciuffo biondo, tenuto su dall’inseparabile cerchietto; ieri a Messina ha risolto di piatto destro. «È un momento molto positivo per me. Ho fatto gol anche oggi e abbiamo preso tre punti importanti», dice il francese in un italiano ancora stentato. La sua, oltretutto, è una rivincita personale, dopo una stagione molto difficile: «Due gol in una settimana è un buon bottino. Se sono stato un buon acquisto? Non lo devo dire io, ma io do tutto per questa maglia e sto cercando di dimostrare che i tifosi e la società non si sono sbagliati a prendermi». Fa i complimenti a Doni e Totti, ma il secondo tempo della squadra non gli è piaciuto: «Abbiamo un grande portiere e un grande capitano. Abbiamo fatto un bel blocco difensivo, ma quando facciamo gol per primi, poi soffriamo sempre nel secondo tempo. Su questo dobbiamo ancora migliorare, e ci sarà tutta la sosta delle nazionali per farlo». Nello spogliatoio, naturalmente, tutti felici. Parla pure Mancini, per la prima volta direttamente e non per interposta persona: «Una Roma migliore rispetto a prima: più umile, con più voglia di aiutarci uno con l’altro. La mia prova? Oggi non sono andato benissimo, ma sono sulla strada giusta per tornare ad essere utile a questa squadra. Sono tre punti importanti, adesso abbiamo due settimane per tirare il fiato e prepararci al meglio per battere la Juve». Anche Montella esalta il carattere della squadra: «Una formazione operaia. La sosta? La Juve era un po’ calo, noi in un buon momento. Può far meglio a loro che a noi. Il confronto con Chiesa per i gol? Non ne parliamo più, che mi porta male». Tommasi invita alla calma: «Manteniamo il morale alto e i piedi per terra. La squadra comunque è messa bene in campo, ed ha dei giocatori che possono sempre risolvere la partita». Chiude Perrotta: «Il vento su di me è cambiato, sono contento. E poi c’è voglia di aiutarsi, siamo più compatti».
Ernesto Menicucci

venerdì, novembre 04, 2005

Le radio contro Rosella Sensi dopo l'intervista


(IL ROMANISTA) - Sembrava una di quelle giornate radiofoniche tranquille. Argomenti e telefonate indirizzate tutte o quasi verso la partita di Messina. Invece verso le 12, quando il tam tam è cominciato, tutto è ruotato attorno all'intervista rilasciata da Rosella Sensi al Giornale. Parole importanti quelle dell'ad giallorosso che hanno lasciato un segno inequivocabile e, nelle radio, hanno scatenato dibattiti molto accesi.
Il primo a parlarne è stato Mario Corsi durante la trasmissione “Te la do io Tokyo”. E il conduttore non è rimasto indifferente alle dichiarazioni distensive della Sensi (“Galliani è un signore. E Moggi è sensibile. Solo lui mi ha chiamata quando ho avuto un lutto familiare”) verso i potenti del calcio: “Se Rosella Sensi non conosce tutte le nefandezze che hanno fatto i potenti del calcio al padre, gliele diciamo noi. Quella rilasciata al Giornale è un'intervista vergognosa. L'amministratore delegato poteva risparmiarsi anche le parole irriguardose nei confronti di Zeman. Credo che Rosella Sensi debba parlare bene di queste persone, perché è sottoposta ad un ricatto, altrimenti gli stessi affonderebbero la Roma”. Subito dopo gli ha fatto eco Riccardo Angelini, co-conduttore della trasmissione: “ L'alleanza e la sottomissione ai poteri forti non riesco proprio a sopportarla”. Invece, un ascoltatore del contenitore, è andato contro-corrente, dicendo di non puntare l'indice sul dirigente romanista: “Ma perché ce la prendiamo con lo strozzato e non con lo strozzino...?”.
Contemporeanamente su Radio Radio parlava l'estensore dell'intervista, Tony Damascelli: “Il merito dell'intervista non è mio ma solo di Rosella Sensi che ha parlato. Io ho fatto semplicemente il mio lavoro da cronista. Devo dire che apprezzo molto questo nuovo corso politico della Roma, condividendo anche un certo tipo di pensiero negativo su un ex allenatore giallorosso... (Zeman, ndr)”. Enrico Maida, giornalista del Messaggero ci ha scherzato su: “ Speriamo che questa intervista di Rosella Sensi, sul fine settimana, non porti sfortuna. Le precedenti rilasciate dall'ad, a poche ore da partite importanti, sono state un preludio a brutte sconfitte.”.
Eloquente anche il pensiero di Max Leggeri su Radio Incontro che ha aperto la sua trasmissione (Spqr), dissociandosi in modo perentorio da queste dichiarazioni: “Preferisco andare in serie B piuttosto che essere vassallo dei potenti”. Anche gli ascoltatori di “Tutta la Vita”, tra sms o telefonate in diretta, hanno espresso le loro perplessità, criticando la linea societaria.

Rosella Sensi show



(IL GIORNALE) - Franco Sensi era un’aletta di quelle veloci. E già padrone della situazione. Basta vedere la fotografia in bianco enero, con cornice: tiene i calzettoni inchiavicati nei parastinchi e riceve la coppa, a nome del gruppo di sbarbati. Il pallone che lui da sempre ha chiamato«fubàl» sta alla famiglia Sensi come il Colosseo a Roma. Silvio, il padre di Franco, fu creatore, nel senso di costruttore, del Testaccio.Laddove i romani antichi posavano,o scaricavano, le anfore venne edificato il campo di fubàl con tutta la cronaca a seguire. Il capo,pernulla testaccio, in bronzo di nonno Silvio, sta nella sala grande di villa Pacelli, la stessa dove sono stati firmati contratti e liquidazioni sontuose e dove brilla la fotografia di cui sopra.
Brilla anche il viso di Rosella Sensi, racchiuso nel crine nero e con due olive che sono gli occhi, tutti di suo padre. Fuori, Roma è la Roma più bella che uno possa sognare, incasinata il giusto e profumata di storia. Cosa che accade ascoltando lady Roma, Rosella appunto,che con Cristina e Silvia forma la squadra Sensi, dove Franco resta il capitano e la signora Maria l’allenatore: «Quando il barone Colalucci veniva a casa chiedeva a papà di chiuderci in una stanza, non voleva fastidi, voci di bimbe attorno». Prevedo che da un momentoall’altro possa spuntare FrancoSensi e ci rinchiuda tutti nella stanza medesima. Qui tutto è giallorosso, anche la divisa da lavoro della colf, grembiule vinaccio,guanti gialli di lattice, «maggici».
Rosella aveva sette anni quando debuttò allo stadio: «Era Roma-Perugia, papà ci portò come premio. Io al liceoamavo la filosofia e il greco ma non sopportavo le traduzioni dal latino in italiano. Ricordo tutto di quegli anni, il gol annullato a Turone, la finale con il Liverpool, le polemiche sui giornali».Ma chi glielo fa fare, gentileRosella Sensi? «Mi sono esposta per affetto nei confronti di mio padre, per amore di questa squadra e di questa città. L’ho fatto in un momento difficile, in un mondo che poco mi appartiene perchè non ha pazienza e non hamemoria. Queste sono le cose che non amo del calcio». Proprio a Roma non c’è memoria? «Bastano due partite per dimenticare,nonc’è riconoscenza. Ma io non ho perso la memoria della mia infanzia e di quello che la Roma ha rappresentato per tutti noi». Rispetto a suo padre ha scelto la strada del dialogo. «La conflittualità è servita inun certo periodo, dopo viene la concertazione. Il cambio è un segnale di cultura. Io ho il dovere di recuperare la cultura storica di questa squadra e di questa città. Dobbiamo portare avanti la tradizione». Per esempio Totti.«Non c’è soltanto Totti per tutelare la tradizione romanista. Anche se Francesco oggi rappresenta un caso unico di attaccamento alla maglia, di bandiera. Nemmeno Paolo Maldini ha questo coinvolgimento. Ma la tradizione sta anchenegli altri uomini che sono passati dalla Roma, da chi se ne è andato, come Emerson o Samuel».Totti è il vero padrone della Roma, della piazza, della comunicazione. «Totti è l’artefice di questo fenomeno,èl’esaltazione e la depressione al tempo stesso, ma è doveroso che la piazza abbia un senso di responsabilità superiore. La tutela del calciatore non condiziona la società, chi si comporta bene non crea mai problemi. Totti è un esempio per molti, io lo conosco da una vita, giocavo a carte con lui, ci diamo del tu, va conosciuto, frequentato, scoperto, stiamo lavorando per questo». Lei sta applicando una nuova disciplina, dal caso Cassanoin giù. «Il rigore che stiamo instaurando dovrebbe essere presente anche altrove, un rigore che però non deve limitare lecapacità individuali». Un rigore nei conti. «LaRoma continuerà a puntare a un’alta competività, io cela metterò tutta ma, per farle un esempio,non comprerò dieci giocatori soltanto per dare la sensazione di essere imbattibili».
Passione e professionalità si conciliano a Roma? «Dal lunedì al sabato sì, ma». Ci dica un pregio di suo padre.«Uno solo? Vorrei elencarvi quelli non emersi, la grandissima determinazione, non smette mai di lavorare e ha trasmesso a noi tutti questo senso di responsabilità.Eppoila simpatia,l’essere romano, nelle battute, basta osservare i suoi occhi espressivi». Fatto l’elenco delle cose belle e buone è necessario sottolineare gli errori.«Uno, grosso ma non lo posso dire». Suvvia, uno, grosso può anche a Carraro? «No, quelli non sono stati errori,fanno parte della passione per la Roma. Mio padre ha voluto affermare Roma e quello che veramente è. I modi utilizzati sono figli del carattere e della timidezza, non dell’arroganza». Se non vuole dire di Batistutalo dico io. Allora parliamo di Cassano. «No, il discorso è chiuso». Parliamo di Capello. «Mi ha telefonato per sapere come andavanole cose. Soltanto Moggi, fra tutti, mi ha chiamato quando ho avuto un dolore famigliare. Con mio zio ho perduto un grandissimo affetto. Di Capello non mi è piaciuto il fatto che non abbia salutato mio padre.Malo ringrazio per averci fatto vincere uno scudetto, io ho memoria».
Rosella Sensi diventa capo del calcio. Che fa? «Tre cose. Primo: modifico il regolamento sulla responsabilità oggettiva. Secondo: regolo diversamente l’attuale status dei calciatori e di conseguenza i onntratti, da dipendenti a liberi professionisti. Terzo: divido definitivamente la lega di A da quella di B».C’è una storia che riguardasuo padre, le intercettazioni telefoniche con il designatore Bergamo. "Se c’è una cosa che mi infastidisce è mettere in dubbio la moralità di mio padre. Accetto le critiche ma non i veleni». La Roma lontano da Roma vincerebbe di più.«La Roma è Roma. Sono gli uomini che contano, non l’ambiente. La comunicazione in questa città dovrebbe crescere,ritrovare una cultura sportiva».
Dica di Mazzone. «Vero, leale». Zeman? «Più presuntuoso che altruista». Capello? «Timido, non guarda mai negliocchi». Galliani? «Un signore, amabile». Giraudo? «Ti guarda come se ti volesse prendere in giro». Moggi?«Un grande senso dell’umorismo». Da grande che farà Rosella Sensi? «Vorrei intervistare Kofi Annan e Condoleezza Rice. Avrei voluto fare la giornalista, qualcosa ho scritto, roba mia, personale».Sento passi oltre la porta. Forse Franco Sensi vuole rinchiuderci in un’altra stanza.
Tony Damascelli

Sartor, addio da uomo vero


(IL ROMANISTA) - "Se vado via è anche perché non voglio che nessuno mi consideri uno che fa casino o rema contro. E' anche un modo per essere elegante". La sua storia alla Roma non è stata certo di quelle memorabili, ma lui, Gigi Sartor, ne esce a testa alta, rinunciando anche a dei soldi: "Quello che contà - dice il giocatore in esclusiva al Romanista - è lasciarsi bene. Avere in gruppo un giocatore scontento o poco tranquillo non aiuta nessuno. Nessuno deve pensare a Sartor come a uno che rompe le scatole". Ad inizio stagione Sartor aveva cercato di ritagliarsi il suo spazio in questa Roma, ma la sua avventura qui era già finita: "Non mi sono sentito sottovalutato qui: ho potuto giocare con Totti. Spalletti? E' una persona corretta. Rispetta tutti, ma non guarda in faccia nessuno: in campo ci va sempre la formazione migliore. Lui lavora per il gruppo, non per i giocatori. La squadra adesso ha delle regole, è su dei binari: potrà andare piano o veloce, ma non più fuori strada". Poi su Cassano: "E' un istintivo buono, secondo me resterà alla Roma. Fa parte del gruppo". Ed infine su un tema scottante e delicato, il doping: "Se c'è un'indagine in corso vuol dire che il doping nel calcio esiste. Ancora credete alla moralità nel calcio? Io non ne ho mai fatto uso e non ho mai visto farlo. Comunque state tranquilli, a Roma non ci si droga".

Lippi: "Cassano, non ti aspetto in eterno"


(TGCOM) - Per Antonio Cassano il tempo stringe. L'ennesimo confronto con la Roma, questa volta sotto forma di un colloquio con Bruno Conti, si è concluso con l'ennesima fumata nera. Il direttore dell'area tecnica ha provato a convincere il giocatore ad accettare le condizioni offerte dalla Roma, ma le parti restano distanti. E intanto Lippi è chiaro: "Finché non gioca non lo convoco, lo aspetto, ma non posso farlo in eterno".
Gennaio si avvicina, per fortuna di Cassano. Dopo l'infinito tira e molla vissuto in estate, il talento barese non può far altro che attendere l'apertura del marcato invernale per veder sbloccarsi una situazione che sta diventando da incubo. Il parziale riavvicinamento dei mesi scorsi si è concluso con un nulla di fatto e ormai le possibilità che il giocatore e la Roma trovino un accordo sono vicine allo zero. Anche l'ennesimo confronto con il d.t. Bruno Conti si è concluso in un nulla di fatto.

Kuffour: prima pizze a Montella, poi pizza con Montella


(CORRIERE DELLA SERA) - C’è chi lo vede come un fatto positivo: quando si litiga in allenamento, è segno che ci sono voglia di vincere e caratteri forti in campo. E alla Roma, che nell’ultima stagione aveva difettato soprattutto di personalità, la notizia dello screzio tra Montella e Kuffour, con Cassano tirato in mezzo senza colpe, viene presa come un buon auspicio in vista di Messina. Ma cosa è successo? Ieri mattina, verso la fine della seduta, Kuffour ha fatto una delle sue entrate da caterpillar su Montella, il centravanti l’ha presa male ed ha apostrofato il ghanese che a sua volta gli ha risposto un po’ a brutto muso. Il primo a fare da paciere tra i due è stato Antonio Cassano, poi è intervenuto Spalletti, che ha allontanato il barese («Lascia, ci penso io», gli ha detto il tecnico) e invitato il difensore ad andare a farsi la doccia. Kuffour, però, è rimasto abbastanza nervoso. Tanto da togliersi il fratino che indossava nella partitella, scagliarlo per terra e imboccare la via degli spogliatoi. Si è cambiato per primo, ma poi ha aspettato Montella, con il quale ha chiarito subito l’episodio, scherzando e mangiando pizza. Kuffour è stato il primo a lasciare Trigoria intorno all’ora di pranzo. La cosa bella è che, anche in questo caso, ci stava per andare di mezzo Cassano. Additato, da una prima sommaria ricostruzione, come responsabile dell’arrabbiatura di Kuffour. La Roma, naturalmente, non drammatizza. Episodi del genere, del resto, sono pressoché all’ordine del giorno su qualsiasi campo di allenamento. E Kuffour, tra l’altro, è uno che non si risparmia mai e interpreta gli allenamenti come fossero partite. Qualche volta i compagni la prendono bene, altre volte parte uno scambio di opinioni, ma tutto finisce lì. Qualche settimana fa aveva colpito Cassano con una scivolata, e prima di Roma-Ascoli aveva avuto uno scambio di vedute con Mancini, che girava per Trigoria con un vistoso cerotto sulla gamba destra, souvenir di un’altra entrata di Sammy. «La prossima volta ti faccio peggio», gli aveva detto il ghanese. E il brasiliano, di rimando: «Vieni, che non ho paura». Scherzavano, ma nemmeno troppo. Ieri. Kuffour è andato giù duro su Montella, e Cassano l’ha rimproverato col sorriso: «Ma che ci vuoi spaccare a tutti quanti?». Si sono fatti una risata e la cosa era finita lì. «È un buon segno, vuol dire che i ragazzi sono carichi», ha commentato Bruno Conti. Lui, di episodi così, ne avrà visti a migliaia. A proposito di Conti: ieri il direttore tecnico giallorosso ha nuovamente incontrato Cassano per discutere il rinnovo del contratto, in scadenza a giugno 2006. Ma le parti non si sono avvicinate.
Ernesto Menicucci

giovedì, novembre 03, 2005

La triste parabola di Curci, ex baby-fenomeno



(CORRIERE DELLA SERA) - Sul suo sito personale, campeggia un’immagine in movimento: quando para, a Firenze, il rigore di Fabrizio Miccoli. Una prodezza che valse ai giallorossi di Bruno Conti (al debutto in panchina, era il 16 marzo scorso) il passaggio del turno di Coppa Italia e a lui – Gianluca Curci, classe ’85, all’epoca una sola partita in serie A – gli onori della cronaca. Quel giorno il portiere aveva la maglia chiara, il numero uno sulle spalle e la sfrontatezza dei vent’anni (tanto da dire a Bruno Conti: «Tranquillo mister, ci penso io»). Alla Roma in molti pensarono: «Finalmente abbiamo un portiere». Per una società che, negli ultimi anni, si era dibattuta tra Antonioli, Pelizzoli e Zotti, era una super notizia. Talmente bella da far perdere di vista la realtà: e cioè che Curci, talento straordinario, era comunque un ragazzino e che per fare il portiere titolare in una piazza come Roma occorrono spalle larghe e un bel po’ di gavetta. Gianluca è entrato tra i pali a Roma-Milan, debuttando anche lì con due grandi parate, e non ne è più uscito anche perché, nel frattempo, sia Pelizzoli che Zotti si erano chiamati fuori, vittime di infortuni più o meno gravi. La Roma si avvicinava sempre di più alla zona calda, ma Curci rappresentava una fiammella nel buio. Roma, del resto, è così: non ci sono mezze misure. O sei un fenomeno, o sei un brocco. E Curci, all’epoca, era già stato investito troppo presto della nomina di «nuovo Buffon». Così, ha cominciato a perdersi. O comunque a crescere, che non è mai cosa semplice. Lo hanno fatto sentire il titolare incontrastato e lui si è calato nella parte, con qualche intervista che ha creato malumori a Trigoria. La Roma, naturalmente, ha contribuito, ripetendo per tutta l’estate che «il portiere del futuro è già dentro casa». Un portiere di vent’anni, con una decina di presenze in serie A e che era pure in comproprietà col Palermo. Tanto è vero che, per riscattarlo, i dirigenti hanno dovuto fare le capriole, rilevando la metà di Bonanni dal Vicenza per 500 mila euro (unico esborso della campagna acquisti) e girandola ai rosanero. Poi è arrivato Spalletti e qualcosa ha cominciato a cambiare. Con pazienza certosina, il tecnico toscano ha cercato di mettere qualche pezza sugli errori di gestione societaria. Partire con Curci come unico titolare era un rischio e l’allenatore se ne è accorto subito. Per questo ha chiesto insistentemente un portiere esperto, e incassati i no di Peruzzi e Marchegiani si era orientato su Scarpi. Fallita anche quella trattativa, in Brasile è stato pescato Doni, ma non sapendo se avrebbe fatto in tempo coi documenti comunitari, Pradé ha chiesto aiuto agli «amici»: e dal Milan, via Alessandro Moggi che ne è il procuratore, è arrivato il greco Eleftheropoulos, scaricato nel frattempo dai rossoneri. Poi Doni ha risolto le sue pratiche ed «Ele» è finito in tribuna, ma questa è un’altra storia. Spalletti ha comunque iniziato la stagione con Curci, ma alla prima occasione ha fatto quello che aveva in testa fin dall’inizio: giocare con un portiere più esperto (Doni ha fatto molti campionati in Brasile) e riportare Curci al ruolo di giovane promessa che si fa le ossa. Prima del derby ne ha parlato con Adriano Boaniuti, preparatore dei portieri, e insieme hanno spiegato la scelta a Gianluca: una scelta per il suo bene, gli è stato detto, per evitare di bruciarlo e di esporlo a troppe pressioni. Curci non è felice, ovviamente. Ma è anche sereno. Anzi, sta lavorando duramente per cercare di riconquistare il posto da titolare. Mercoledì scorso, a Milano, il suo procuratore Claudio Sclosa ha incontrato sia Pradé che Bruno Conti. Gli è stata ribadita la stima della Roma nei confronti del giocatore, e che presto si tornerà a parlare di rinnovo contrattuale (per il momento Curci viaggia a 19 mila euro). Intorno a lui, comunque, si muovono molte squadre. Su tutte, il Milan che lo vorrebbe come vice Dida per poi lanciarlo.
Ernesto Menicucci

Addio Sartor, contratto rescisso


(CORRIERE DELLA SERA) - Gigi Sartor, classe ’75, da ieri non è più giallorosso, anche se manca ancora l’annuncio ufficiale del club. Il difensore, arrivato nell’estate 2001 e che con la Roma ha giocato pochissimo, pur di andar via ha rinunciato a un bel po’ di soldi: fino a giugno avrebbe guadagnato 1,5 milioni netti, ne ha lasciati circa la metà (8 mesi di stipendio, meno una piccola «liquidazione»). Lo avesse fatto a giugno, sarebbe stato più facile trovare un’altra squadra. Adesso, col mercato chiuso, gli è stata proposta da un ex compagno di squadra un’avventura in Qatar.
Ernesto Menicucci

mercoledì, novembre 02, 2005

Conti: "Chivu e Mancini restano, garantisco io"


(GOAL CITY) - "Con Chivu e' stato tutto chiarito, e per quanto riguarda Mancini voglio che sia chiaro a tutti: finche' il sottoscritto restera' qui, questi due non se ne andranno. E ora vediamo se la gente mi crede". Infine il tassello Cassano, quello piu' indecifrabile. "Presto si arrivera' a una soluzione. E' un problema che affrontero' personalemte, cerchero' risposte anche da lui e poi vedremo di arrivare a un punto d'incontro. Di piu' non posso dire, se non la promessa che questa societa' fara' di tutto per trovare una soluzione".

Ultras-squadre-società, il caso delle romane


(IL MANIFESTO) - Ciò che sta accadendo alla Lazio e alla Roma, nel rapporto ultras-squadre-società, solleva questioni complesse e controverse. Perché nella deriva liberista del neocalcio, l'esistenza di nuclei di tifo organizzato, sia pure nella forma contraddittoria del tifo ultras (tanta passione ma non rifiuto della violenza, culto della lealtà sportiva ma propensione alla discriminazione razziale, ecc.), che attraverso proprie forme di comunicazione sappiano stimolare il rispetto per la tradizione e l'identità del calcio e del club di appartenenza; e che grazie alla propria iniziativa sappiano orientare fasce importanti di mercato così da sottrarle al ruolo semplice di fruitore/spettatore di una merce elaborata altrove, un tifo siffatto rappresenta una forma, per quanto potenziale o soltanto abbozzata, di contropotere o di controllo «dal basso» del calcio italiano. Il movimento ultras a Roma, sia nel versante laziale che in quello romanista, pubblica riviste diffuse in migliaia di copie, gestisce direttamente trasmissioni radiofoniche, partecipa in maniera costante a trasmissioni televisive proposte da altri, orienta in maniera massiccia il dibattito calcistico cittadino sul web, produce e commercializza attraverso propri negozi abbigliamento e moda legati alle squadre. Gli ultras dunque, è un fatto questo incontestabile, hanno saputo proporre con intelligenza e forza una soggettività diffusa nel panorama economico e culturale del calcio capitolino. La pianificazione di un calcio che a Roma rimane saldamente in mano agli istituti finanziari locali e nazionali trova così nel movimento ultras l'unica forma potenziale di opposizione. Una occasione importante per mantenere annodato il tessuto che lega il calcio al territorio e alla sua comunità. Una opportunità per dare carne, sangue e nervi a un moloch che negli eccessi della finanza e delle televisioni sta perdendo la misura della propria identità. La condizione fondamentale però affinché questa dialettica mantenga una sua circolarità fruttuosa è che non ci siano confusione o sovrapposizione di ruoli. Non si può essere insieme contropotere e istituzione, gli interstizi sociali ed economici occupati non possono estendersi fino a saturare l'intero mercato. A Roma invece questa linea di confine vacilla sempre di più. Il tessuto costruito in decenni di militanza «di curva» dal >movimento ultras romano di fatto viene piegato verso logiche diverse, a volte estranee alla natura del calcio. Il «contropotere» diventa potere di interdizione nei confronti di chiunque voglia muoversi secondo logiche non condivise dal mondo ultras. Gli spazi «marginali» faticosamente «strappati» al merchandising delle società cedono alla logica del mercato e occupano ogni spazio lasciato scoperto. Il sostegno del gruppo alla squadra si trasforma e si confonde nella identità tra gruppo e squadra e >spinge a una visione totalmente autoreferenziale. Gli ultras, piuttosto che affiancare e contestare/contrastare, nel caso, la lingua (la comunicazione) ufficiale della società, la assorbono e la rimodellano secondo i propri codici. Cosicché, passo dopo passo, si arriva a sovrapporre le idealità culturali del gruppo al profilo stesso della squadra. Quello che è successo domenica sera allo stadio Olimpico è esemplare. Il non tifo della curva sud, seguito a una coreografia eminentemente autocelebrativa e interrotto brevemente per l'esultanza al gol del vantaggio, è un segno forte della «estraneità» del cuore del tifo romanista dai destini di «questa» società e di «questa» squadra. Estraneità peraltro annunciata con chiarezza con lo striscione della vigilia del derby a Trigoria: «Decidete voi, inferno o paradiso». E attenzione, perché il passaggio dalla estraneità alla ostilità potrebbe essere prossimo più di quanto non si pensi. Il nome di Zeman, l'«anti-sistema calcio» per eccellenza, sarebbe allora molto di più che non quello di un sostituto di Spalletti. Ancora più eclatante è ciò che è accaduto nella curva nord laziale. Gli Irriducibili della Lazio, infatti, stanno ben al di là della fase di contestazione alla «gestione» Lotito. La presenza in curva di un simbolo non scalfibile di lazialità come Giorgio Chinaglia, tre giorni dopo la conferenza stampa nella quale Long John annunciava l'interesse di gruppi imprenditoriali importanti a rilevare la maggioranza del pacchetto azionario della Lazio, ha dato indubbiamente più forza a quel settore del tifo egemonizzato dagli ultras. Da una parte, in curva, la storia della Lazio, la «purezza» della passione laziale, la gente che con le sue lotte ha salvato la società dal fallimento e che con la sua presenza ne sta garantendo il rilancio. Dall'altra, in tribuna, da solo, il «freddo amministratore» Lotito, mero «gestore» di una società a lui estranea per storia e passione. Questa la tesi - impasto di vero e falso, come accade sempre per le tesi più efficaci agitate da un gruppo che ha propri obiettivi forti nel mirino - veicolata con successo nelle ultime settimane. Sbaglia chi guarda con sufficienza a rappresentazioni della realtà così artificiose e di parte. Certo, Sensi e Capitalia hanno una robustezza complessiva più che sufficiente per decidere autonomamente l'orizzonte entro cui ridisegnare il profilo della Roma. Lo stesso vale per Lotito riguardo alla Lazio. Gli uni e gli altri, checché se ne pensi, non sono Re Travicelli in balia di ogni maroso. E il sistema calcio, nessuno si illuda, non assisterà impotente alle ambizioni di scalata degli ultras romani. Però, decenni di lavorio tra i tifosi, allo stadio e fuori, hanno sedimentato stili, cultura, rapporti di forza che rendono fin troppo permeabile alle pressioni esterne la conduzione delle società di calcio romane. Nei prossimi mesi probabilmente si giocheranno partite decisive intorno alla linea di confine tra società e ultras. E la capacità di orientare il consenso verso le rispettive strategie potrebbe risultare decisivo per gli esiti di uno scontro cui non pare esagerato legare gran parte dei destini prossimi della Lazio e della Roma.
Guido Liguori, Antonio Smargiasse

Di Michele sicuro: "A gennaio vado alla Roma"

(SPORTAL) - Il futuro di David Di Michele potrebbe essere a Roma, sponda giallorossa. Lo ha fatto sapere il procuratore dell'attaccante dell'Udinese, Stefano Antonelli, in un'intervista rilasciata al Guerin Sportivo: "Spero che il mio assistito possa andare alla Roma già a gennaio – ha detto Antonelli –. So che Spalletti lo stima molto, se si creassero i presupposti giusti l'operazione diventerebbe fattibile". Trattare con i Pozzo tuttavia non è mai facile, ma il procuratore di Di Michele si dice fiducioso: "Sul prezzo non ci dovrebbero essere particolari problemi, lo stabilirebbero le due società in fase di trattativa. Non vedo comunque grosse difficoltà".

D'Agostino, veleno sulla Roma


(IL ROMANISTA) - "Non voglio più tornare nella capitale. La Roma non sa gestire i talenti. Avete visto con Cassano?". E' polemico Gaetano D'Agostino con la sua ex società. Domenica il giocatore palermitano ritroverà la formazione giallorossa, ma questa volta da avversario: "Il mio obiettivo è salvarmi col Messina e poi andare all'estero. La Roma? A me piacerebbe restare qui, perché sono sicilano, la gente mi vuole bene, oppure andare a giocare fuori dall'Italia, in Spagna. Alla Roma manca organizzazione e i talenti non vengono gestiti al meglio. Non si può arrivare così ad un anno della scadenza del contratto".